Brescia e Bergamo fanno rivivere l'antico gioco di carte del Cucù

Rivive grazie ad una nuova edizione di carte l’antico gioco di società
Gustavo Orlando-Zon con la figlia Ingrid © www.giornaledibrescia.it
Gustavo Orlando-Zon con la figlia Ingrid © www.giornaledibrescia.it
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Tra le cose che uniscono Brescia e Bergamo c’è, o quantomeno c’è stato per secoli, il Gioco del Cucù. Un gioco di carte, nato forse a Bologna (altre fonti, meno affidabili, parlano di Galles e Danimarca), diffuso fin dal Medioevo su tutto il territorio italiano ma prosperato soprattutto nelle valli delle due province. Dalla fine del Novecento, è di fatto scomparso nei borghi bresciani e bergamaschi, mentre sopravvive in Abruzzo (in particolare nelle cittadine teramane di Campli e Montorio al Vomano), ed è praticato in Scandinavia, dove peraltro carte e regole sono in buona parte differenti.

È dunque un’iniziativa meritoria quella dell’Associazione «7Bello. Cartagiocofilia Italiana», che è nata a Brescia nel 2018 ed ha sede in città (a Borgo Wührer), ma riunisce gli appassionati dei giochi delle carte di tutta la Penisola: il sodalizio presieduto dall’avvocato Gustavo Orlando-Zon (mentre la figlia Ingrid ne è la direttrice artistica) ha infatti commissionato al giornalista e illustratore Nicolino Farina - tra i massimi studiosi della materia, nonché autore di un volume dedicato nel 2022 - la realizzazione delle «nuove carte del Gioco del Cucù di Brescia e Bergamo», poi stampate dalla nota etichetta Dal Negro di Treviso (sul cui sito si trovano in vendita), raccogliendo l’eredità dei marchi che le pubblicavano in passato, Solesio e Masenghini (quest’ultimo acquisito nel 2003 proprio da Dal Negro).

Il curioso mazzo del Cucù

  • Le carte del Cucù
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    Le carte del Cucù

Il Cucù, il più antico gioco di carte italiano tra quelli ancora praticati, vanta uno dei più curiosi mazzi che si conoscano: composto non dai quattro semi canonici, bensì da un seme unico, suddiviso tra carte numerali e carte figurali, con queste ultime distinte a loro volta secondo una scala di valori crescente, dal più basso al più alto (che è il Cucù, o Cucco).

In origine non si trattava di un gioco da presa, anche se a Brescia e Bergamo lo è diventato, sulla scia del Tressette: almeno due le persone impegnate, che dispongono di tre «pegni»; a ogni mano perde un pegno il giocatore che resta con la carta di valore più basso, e alla fine tra scambi, carte trattenute o passate, penalizzazioni in presenza di certe figure vince chi rimane con almeno un pegno. A descrivercelo è Riccardo Silvestri, che gestisce un bar in piazza Tebaldo Brusato a Brescia, ma è di Lumezzane, dove si dilettava da ragazzino con il gioco del Cucù: «Era un passatempo semplice, con partite combattute ma brevi, giocato soprattutto da donne e bambini, in genere in famiglia».

Disegnando il nuovo mazzo a soggetto bresciano-bergamasco, Farina ha raffigurato scorci delle due città (da Piazzale Arnaldo al Capitolium per Brescia; dal Castello di San Vigilio alla chiesa di Sant’Andrea per Bergamo) attingendo alla tradizione, come nel caso del «leone rampante», carta che nel capoluogo orobico hanno sempre chiamato «el Brèsa». Ampiamente soddisfatti i soci di «7Bello» per l’esito dell’operazione: «Farina - ha detto Orlando-Zon - ha fatto uno splendido lavoro, un regalo per la nostra associazione, per gli appassionati e per le Capitali della Cultura».

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