Bracconaggio, Brescia maglia nera

Lo dice l'ultimo rapporto di LAC e Cabs. I reati sarebbero compiuti per il 77% da cacciatori
Volontari CABS in azione
Volontari CABS in azione
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La provincia di Brescia è la regina del bracconaggio: qui dall’1 febbraio 2015 al 31 gennaio 2016 sono state denunciate 236 persone, e cioè il 17,9% del totale in Italia (1324). È quanto hanno rilevato la Lega per l’Abolizione della Caccia e il CABS (Comitato contro l’uccisione degli uccelli) nel «Calendario del cacciatore bracconiere 2015-2016 – Una rapida analisi della caccia illegale in Italia». Emerge dalla ricerca che a Brescia la vigilanza del WWF sorprenderebbe a bracconare un cacciatore su quattro, mentre secondo dati forniti dalle polizie provinciali nelle altre province sarebbe un cacciatore ogni dieci.

«Spesso i reati riscontrati in altre province vanno “addebitati” a cacciatori provenienti da Brescia» si sottolinea nel rapporto. Dove si legge anche che i reati venatori si distribuiscono su praticamente tutto il territorio nazionale, con 95 province interessate su 110. In Italia nel periodo in esame ci sono stati 596 casi di reati rilevanti contro la fauna selvatica, soprattutto uccelli, 110 in meno rispetto al periodo precedente ma in crescita rispetto al 2013-14. Le persone denunciate sono state 1324. I reati venatori, rileva sempre il rapporto, sono compiuti per il 77,8% da cacciatori, in possesso di licenza di caccia o che l’hanno avuta in un recente passato.

Dopo Brescia vengono Caserta, Napoli, Salerno, Reggio Calabria, Cagliari. A livello regionale, la prima in classifica per bracconaggio è la Lombardia (24,9%); seguono Campania (16%), Toscana (9,9%) e Sicilia (7,5%).

«Da anni chiediamo provvedimenti per inasprire le ammende, rimaste ferme al 1992 - ha dichiarato in una note Katia Impellettiere, delegata LAC di Brescia -. Chiediamo un rafforzamento della vigilanza, soprattutto in quelle aree a maggior bracconaggio come le valli bresciane e bergamasche, le isole pontine e Ischia, lo Stretto di Messina, il Delta del Po. Eppure non cambia nulla, se non in peggio. Se non fosse per i volontari delle associazioni che si fanno promotori di circa un terzo dell'attività antibracconaggio nel nostro paese, molti gioielli d'Italia sarebbero in mano all'illegalità venatoria».

 

 

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