Bossetti, il procuratore: «Mai avuto così tanti attacchi»

Così ha risposto alle accuse mosse dai legali di Massimo Bossetti, il sostituto pg di Brescia Marco Martani
  • In tribunale a Brescia il processo di appello Bossetti,
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Nonostante il ridardo iniziale, questa mattina è ripreso il processo d'appello a carico di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello condannato all’ergastolo il primo luglio del 2016 per l’omicidio della 13enne Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre del 2010 da Brembate di Sopra e trovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola. L'udienza è stata dedicata alle repliche di accusa.

«In 30 anni di professione non sono mai stato oggetto di così tanti attacchi personali come quelli che ho dovuto ascoltare da questa difesa con affermazioni lesive del mio lavoro e anche di quello del Ris». Così, rispondendo alle accuse, tra cui quella di aver solo «eseguito un ordine di scuderia», mosse dai legali di Massimo Bossetti, il sostituto pg di Brescia Marco Martani ha iniziato il suo intervento di replica nel processo d’appello sul caso dell’omicidio di Yara Gambirasio.

«Io non sono uno stalliere o un fantino o un bookmaker che trucca le corse dei cavalli - ha detto Martani - da chi avrei preso questi ordini? Non ho vincoli di mandato, sono un magistrato e se non fossi stato convinto della colpevolezza di Bossetti avrei concluso diversamente». Il pg, che ha chiesto la conferma dell’ergastolo, ha anche replicato alle affermazioni dei legali Salvagni e Camporini che l’hanno tacciato di aver detto cose «incredibili, false e suggestive». Solo un «polverone - ha detto - alzato da chi ha argomenti deboli».

Nelle scorse udienze le parti sono già intervenute con le loro richieste. Il sostituto pg Marco Martani e i legali dei familiari di Yara, Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, hanno chiesto la conferma della condanna all’ergastolo, ma anche, come richiesto in particolare dal pg, sei mesi di isolamento diurno per l’imputato e il riconoscimento della colpevolezza anche per l’accusa di calunnia nei confronti di un collega, contestazione caduta in primo grado a Bergamo.

I difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini, invece, hanno chiesto l’assoluzione del carpentiere e soprattutto puntano ad ottenere la riapertura del processo con una perizia sulla prova del Dna. Prova che hanno provato a smontare e che è ritenuta «granitica» sia nel verdetto di primo grado che dalla Procura generale bresciana. La decisione della Corte d’Assise d’appello di Brescia (sentenza o rinnovazione del dibattimento) è prevista per lunedì 17 luglio, dopo una camera di consiglio di diverse ore, come ha già preannunciato il presidente Enrico Fischetti nelle scorse udienze, e dopo le dichiarazioni spontanee di Bossetti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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