Bomba alla Polgai, ancora nessuna rivendicazione
Tutto tace. Nessuna rivendicazione è arrivata ad oltre 24 ore dallo scoppio dell’ordigno posizionato davanti alla sede della Polgai di via Veneto in città. Non c’è ancora una firma per quella pentola a pressione carica di polvere pirica esplosa alle 4.37 di ieri mattina, 13 minuti dopo essere stata lasciata davanti al portone di ingresso della scuola di Polizia da un uomo ripreso dalle telecamere di sicurezza.
E proprio su quei filmati la Digos di Brescia sta lavorando per dare un nome all’attentatore. Ha agito con un cappellino in testa e con il viso coperto da un cappuccio. Non facile la ricostruzione, anche perché l’immagine, ripresa da lontano non è nitida. Difficile, questa l’ipotesi, che possa aver fatto tutto da solo. Forse c’era qualcuno ad aspettarlo poco lontano, verso nord dove l’uomo si è diretto, camminando e non correndo, dopo aver messo a terra la bomba rudimentale.
Prima del gesto potrebbe però esserci stato anche un sopralluogo: chi ha agito sapeva di farlo sotto le telecamere, ma anche che quelle immagini non finivano direttamente alla centrale interna alla Polgai. E che quindi nessuno l'avrebbe potuto bloccare o intercettare.
Le indagini si concetrano sul mondo anarchico, che, si apprende da fonti investigative, spesso non rivendica i gesti intimidatori, limitandosi ad annunciarli. E sarebbe proprio il caso di Brescia, possibile apertura della campagna di terrore di "Dicembre nero", diffusa in internet a metà novembre e con la quale, attraverso un documento, si chiedeva di diffondere l’odio anche lanciando molotov contro la Polizia. Quell’ordigno esploso in città poteva però uccidere.
Da parte sua il questore di Brescia, Carmine Esposito, ha voluto ringraziare i cittadini per le tante manifestazioni di vicinanza ricevute dopo l'atto intimidatorio rivolto alla Polizia e ribadito che gli autori saranno assicurati alla giustizia.
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