Bimbi mai nati, «perché non c'era un avviso su ogni tomba?»
È l'ultima mail arrivata in redazione ad aggiungere un capitolo in più al caso del cimitero Vantiniano di Brescia, dove 2.500 salme di bimbi mai nati sono state esumate senza avvisare i loro genitori. La scrive Roberta, mamma di una bambina che era sepolta in quell'area e ora non c'è più. «L'ho saputo da un'amica che ci era andata di recente. Il 4 ottobre allora mi sono precipitata anche io e ho chiesto perché non fossero state usate le etichette, quelle che di solito vengono attaccate alle lapidi per avvisare dell'esumazione. Mi è stato risposto che 2.500 tombe erano troppe».
La donna si riferisce agli adesivi gialli che, proprio come dichiarato nella Carta dei servizi cimiteriali, consultabile sul sito della Loggia (risale al 2017 ed è l'unica reperibile nella sezione Cimiteri), il Comune provvede - anche se non obbligatorio - «a incollare appositi adesivi gialli sui loculi e sui cippi dei defunti» prossimi all'esumazione.
Questa volta, però, non è stato fatto. «Trovo tutto ciò vergognoso: si parla di esseri umani non di piante secche che vanno rimosse» conclude Roberta.
Questione di privacy
Da una parte ci sono i genitori che non sapevano che in quel campo fossero seppelliti i loro figli. Dall’altra quelle mamme e quei papà che lo sapevano bene, ma che improvvisamente non hanno più trovato una tomba su cui poggiare un fiore. E ora sono sotto choc, come testimoniano le numerose lettere arrivate al Giornale di Brescia, in cui alcuni si dicono pronti anche ad un'azione legale collettiva.È questo il cortocircuito del cimitero Vantiniano, dove fino allo scorso settembre riposavano le salme di circa tremila bambini mai nati, ora in parte esumati. Nell’area dedicata alla sepoltura dei feti - nei riquadri A,B,C,D - trova spazio il ricordo dei figli mai venuti alla luce a causa di interruzioni di gravidanza volontarie, terapeutiche o spontanee: il cimitero monumentale cittadino è uno dei circa 50, in tutta Italia, dove è stato ricavato uno spazio di questo tipo. In provincia di Brescia ce n’è un altro, a Chiari.
Nomi sulle lapidi senza autorizzazione
L'antefatto di questa vicenda risale a poco più di un anno fa, quando una madre bresciana denuncia il mancato rispetto della sua privacy. Sull’onda del primo caso della romana Marta Loi, anche Brescia diventa il centro di una polemica che tiene banco per settimane: alcune donne avevano scoperto che, senza un’esplicita autorizzazione, il loro cognome era riportato sulle tombe in plastica nell’area dei bimbi non nati.
Questo è successo perché la sepoltura era presa in carico da un’associazione religiosa che, ritirando i feti direttamente dagli ospedali, provvedeva a celebrare riti funerari collettivi e poi tumulare i resti, assegnando a ogni defunto una tomba di plastica con una targhetta. Su quelle «lapidi», il nome più diffuso era Celeste: a distinguerle solo il cognome della madre, spesso inconsapevole.
L'elenco con nomi e cognomi
Un paio di settimane più tardi, il 20 ottobre 2020, un altro caso: esposto al cimitero Vantiniano e pubblicato online compare l’elenco, con nomi e cognomi, di 164 bambini prossimi all’esumazione. Firmato dai Servizi cimiteriali del Comune di Brescia, l’avviso anticipa l’esumazione di una parte di salme di feti e bambini nati morti o mai nati. Oltre alla data della sepoltura, è indicato pure il giorno dell’aborto. Le operazioni di esumazione, si legge, inizieranno nel 2021 e richiederanno due anni. Nell’avviso è specificato: «La data sarà comunicata alcuni giorni prima ai parenti che avranno comunicato ai custodi un loro recapito». Più della metà dei feti o nati morti, 84 in quell'occasione, portava il nome Celeste, dunque presumibilmente si trattava di bambini mai nati sepolti senza che i genitori lo sapessero.
Gli ultimi sviluppi
«Non avevamo i contatti dei genitori»
Questo è accaduto perché, si legge nella nota diramata dal Comune (dopo due giorni di silenzio), «solo nell’ultimo anno la Direzione Cimiteri dispone dei dati per contattare direttamente i genitori. Per quanti seppelliti in epoca antecedente, non vi è modo di recuperare i dati di contatto dei genitori, in possesso solo dell’ospedale e soggetti alla tutela della privacy, quindi non conoscibili».Dopo le polemiche dello scorso anno, infatti, il Comune ha cambiato procedura. «Se viene indicato espressamente dal genitore il nominativo da attribuire al feto, si procede al seppellimento provvisorio riportando sulla lapide una targhetta con nome e cognome. Se, invece, non viene indicato dal genitore alcun nominativo, si procede al seppellimento riportando sulla lapide provvisoria una targhetta con un numero identificativo». A questo punto, sono gli ospedali, prima di effettuare il trasporto e l’inumazione, a informare le famiglie della sepoltura e a invitarli a lasciare i recapiti direttamente al Comune. Gli stessi ospedali a cui, evidentemente, il Comune non ha potuto nemmeno chiedere di fare da tramite.
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