Bigio, il caso della statua che divide i bresciani da 73 anni

L'«Era Fascista» di Dazzi ancora al centro del dibattito dopo decenni di proteste, provocazioni e tentativi di reintroduzione pubblica
Una veduta d'epoca di piazza della Vittoria
Una veduta d'epoca di piazza della Vittoria
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Un caso, dal 1945 al 2018. Quella del Bigio è una storia travagliata che dura da 73 anni

Nei mesi immediatamente successivi alla fine della guerra uno dei simboli del Ventennio - scolpito nel 1932 da Arturo Dazzi e inaugurato nel novembre dello stesso anno alla presenza di Benito Mussolini - fu oggetto di diversi attentati, tanto che nell'ottobre del 1945 il Consiglio comunale decise di rimuoverlo.

Da quel momento il colosso di 20 tonnellate in marmo di Carrara alto ben 7 metri e mezzo è rimasto chiuso nei meandri dei magazzini comunali, ignaro dei tempi che cambiavano.

Un vero confronto sul destino della statua si riapre solo nel 2008, in occasione della sistemazione di piazza Vittoria con la nuova stazione del metrobus. Dentro l'investimento complessivo per l'intera piazza, al restauro della statua e alla realizzazione del piedistallo vanno tra i 4 e i 500mila euro.

Ma l'eco dell'«Era Fascista» (nome originale della scultura) pesa ancora come un macigno. Quando nel 2013 viene conclusa la ristrutturazione di piazza Vittoria, il dibattito esplode. La città si spacca, la politica anche.

Bigio sì o Bigio no? Alcuni ricordano la scelta della Giunta del 1945, che inizialmente volle conservare l’opera del Dazzi (invano) senza farne preda delle veementi reazioni nell'immediato Dopoguerra. Altri propongono di riportarlo in piazza ma a spalle voltate. Qualcuno timidamente propone di esporre in un apposito cartello sulla storia e sui motivi della reintroduzione.

L'Anpi si schiera apertamente contro il ritorno del Bigio e raccoglie firme per urlare il proprio dissenso rispetto a quella che viene considerata un'operazione nostalgica. Il mondo della destra bresciana, invece, corre al fianco della scultura e ne fa una questione socio-politica.

Nel 2017 qualcuno avanza persino l'ipotesi di un referendum cittadino per decidere sul destino della scultura. 

Lo scorso marzo il futuro della statua della discordia è anche uno dei temi affrontati durante la campagna elettorale di Loggia 2018.

Si arriva così ai giorni nostri con un'apertura dell'amministrazione Del Bono. Il confronto tra Loggia e Soprintendenza dei giorni scorsi, infatti, è andato nella direzione di costruire un percorso che, nel tempo, permetta di offrire alla città una riflessione storica, politica, artistica e urbanistica sul ruolo e sul valore della statua. Questo potrebbe comprendere una temporanea musealizzazione dell'opera, individuando un luogo idoneo.

Per ora, però, quel piedistallo in piazza Vittoria attende ancora una decisione.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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