Beppe, quel piacere del mondo verticale

Beppe Chiaf, l'alpinista scomparso si racconta nel suo blog "Beppechiag, il piacere del mondo verticale",
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Il mio nome è Giuseppe Chiaf, ma per tutti - tranne mia mamma - sono Beppe. (...) Alpinista, amante delle grandi pareti, roccia, misto o ghiaccio che siano, accademico Caai dal 2003 e in commissione tecnica fino al 2006, arrampicatore, con un debole da sempre per la scalata «trad», ma anche appassionato saxofonista e musicista nel tempo libero che mi rimane.

L’amore per la montagna mi è stato trasmesso dal papà, appassionato alpinista classico, con cui ho mosso i primi passi quand’ero solo un ragazzino. Conoscendolo ora, non mi stupirebbe sapere che un po’ s’è pentito d’avermi portato con lui che avevo sì e no dieci anni. (...)

Il mio maestro è stato Severangelo Battaini, stimato ed apprezzato alpinista e Guida alpina, amico di famiglia al quale mio padre mi affidò per le prime vere salite. Con Seve imparai i principali rudimenti della scalata su roccia e le prime regole sulla sicurezza in parete ma, cosa più importante, mi avvicinai definitivamente al mondo verticale.
Mi spiegò per la prima volta come si interpreta una relazione, come si pianta un chiodo, come si «legge» la roccia. Insieme salimmo alcune pareti che in quel tempo abitavano i miei sogni, insieme aprimmo le mie prime vie nuove. Con lui «vidi» forse per la prima volta cosa significa essere alpinista al di là del gesto atletico e sportivo. (...)

Dopo quelle prime esperienze con il maestro, purtroppo prematuramente scomparso, ho avuto la fortuna di incontrare compagni di scalata con cui ho potuto realizzare sogni per me anche ambiziosi. (...) Alcuni di loro sono come fratelli, altri sono amici, altri ancora non sono più nemmeno amici (così van le cose), qualcuno non c’è più.
Sono proprio i momenti «intensi» passati con loro la parte più interessante ed emozionale della mia attività, sono loro il piacere del mondo verticale, che non è fatto fortunatamente solo di tiri difficili, appigli piccoli o pareti famose.

E oggi, pur continuando a scalare con i compagni di gioventù, cerco nel limite delle mie possibilità di fare quanto fece Seve con me allora. Per ora ho la fortuna d’avere intorno giovani pieni d’entusiasmo come ero io a quei tempi, insaziabili e instancabili, accidenti a loro...sì...giovani scalatori a cui interessa ancora l’avventura verticale. Non sempre è facile stare al loro agile e fresco passo, si sa, ma per ora mi difendo ancora bene, e non dimentichiamo che è quando l'allievo supera il maestro che il lavoro si può dire ben fatto.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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