Belle e pericolose: quando l’aspetto di una chioma inganna

In viaggio con l’agronomo per verificare la sicurezza degli alberi cittadini tra sorprese e interven
  • Gli alberi cittadini esaminati dall'agronomo
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Piante che si schiantano al suolo senza che intervenga il maltempo. Se è una sorpresa per i normali cittadini non lo è per i «medici delle piante», gli agronomi. Con un’analisi, prima visiva, e poi con gli strumenti del mestiere fanno diagnosi e stilano prognosi.

Così, con Fiorenzo Pandini, agronomo fitopatologo, direttore del Centro analisi Flormercati di Montichiari, abbiamo fatto un giro in città. Due ore tra viali, parchi e aiuole per capire la salute degli alberi e la loro potenziale pericolosità. Molti alberi sono sotto stretto controllo, è il caso dei platani di via dei Mille o via Fratelli Ugoni, ma non tutte le piante che dimostrano sofferenza sono pericolose, anzi. E questo viaggio, una sorta di uscita didattica per capire i principi fondamentali della materia, lo dimostra.

Partiamo dal Giornale di Brescia, direzione Brescia due: accanto al Cavalcavia Kennedy si vedono delle robinie «a fine vita», tra via Rizzo e via Cefalonia, vicino ad un supermercato, notiamo due cedri deodara potati da non molto, agonizzanti.

«Sopportano malissimo le potature - spiega Pandini - ma in questo caso non sono pericolose perché le piante sono solide seppur morenti. E possono restare in questo stato per anni». Ci spostiamo di pochi metri, nel piccolo parco di via Rizzo, e troviamo a poca distanza l’uno dall’altro due grandi alberi potenzialmente pericolosi: un olmo e un altro cedro deodara. «L’olmo presenta due fusti: la pianta - spiega Pandini - probabilmente è stata tagliata e due rami, ormai 50 anni fa, si sono convinti di essere ognuno un fusto principale. Il problema è che il punto d’intersezione alla base è il punto debole e uno dei due cadrà». La grande pianta, con una chioma lussureggiante, cresce a pochi metri dalla strada: una pianta pericolante, quindi, per un problema di crescita. Ma c’è anche un rimedio: posare tiranti di consolidamento che hanno il compito di evitare la caduta e intervenire in tempo. Un altro difetto di crescita si ha quando viene tagliato o rotto il cimale leader, e da lì partono 8 o 9 rami. È il caso del vicino cedro. «La struttura a vaso porta a rotture».

Il nostro viaggio prosegue verso via Fratelli Ugoni dove svetta un pino quasi morto: «Mostra un deperimento cronico e nell’ultimo inverno molte conifere hanno sofferto problemi di siccità. Questa comunque, ad una prima occhiata, non sembra pericolosa perché se lo spegnimento è fisiologico l’ancoraggio è saldo». Un altro albero che sembra in condizioni precarie, ma è controllato e sicuro è un tiglio con il tronco cavo di fronte al carcere di Canton Mombello: «Il legno è cariato - spiega Pandini - ma la reazione all’infezione è positiva e la quantità di legno perso è inferiore a quello prodotto».

In via Turati, prima dell’imbocco della strada per la Maddalena, si trova un grosso olmo, in salute, ma purtroppo cresciuto storto, piegato verso la strada. Pericoloso soprattutto per i mezzi pesanti che potrebbero urtarlo. La situazione più pericolosa sulla strada che porta sul monte: alberi «in condizioni di salute precaria, attaccati da funghi, una pianta destinata - spiega l’agronomo - a cadere». Un’indagine dell’Università agraria di Firenze ha rilevato che «quasi il 30% delle piante che crescono lungo le strade sono a fine ciclo o percolanti quindi uno su tre andrebbe abbattuto o sostituito». Abbiamo visto piante lussureggianti pericolose e piante tristi sicure. Cosa ci insegna? Bisogna accettare la diagnosi dell’agronomo, anche se prevede l’abbattimento, perché una pianta cadendo può uccidere. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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