Assolto dall'accusa di violenza, nei guai ora c’è la compagna
Lo ha accusato delle peggiori atrocità. Ha sostenuto di essere stata bersaglio dei suoi irripetibili insulti, di essere stata vittima del suo controllo asfissiante, oggetto di sue frequenti e moleste ubriacature, ma soprattutto della sua violenza. Ha raccontato che un giorno la prese per i capelli, la scagliò e immobilizzò a terra, le sputò in faccia. Che arrivò addirittura a conficcarle il telecomando della tv in bocca. Che la violentò, nonostante sapesse del suo stato di gravidanza. E che arrivò a pretendere il suo aborto, dubitando che quel figlio in arrivo fosse suo.
Lui per queste accuse è stato arrestato: ha passato un mese in carcere, altri cinque in custodia cautelare ai domiciliari. Dal luglio dello scorso anno gli era fatto divieto assoluto di avvicinarsi a lei. Da ieri è libero.
La decisione dei giudici
Per i giudici della prima sezione penale (presidente Roberto Spanò, a latere Maria Chiara Minazzato e Laura Del Rosario), a differenza di quanto sostenuto dalla procura che aveva chiesto la sua condanna a sette anni di carcere, niente di tutto quello che gli è stato addebitato è provato. Non sussistono né i maltrattamenti, né la violenza sessuale, mentre le lesioni non costituiscono reato perché le furono procurate nel tentativo dell’uomo di difendersi dalla sua aggressione. A sussistere, per i giudici, è semmai il sospetto che lei, 42enne di origini rumene, di casa a Puegnago del Garda, abbia accusato l’imputato, il 50enne imprenditore tedesco con il quale aveva convissuto diversi mesi tra Padenghe e Manerba, pur sapendolo innocente. Di qui la decisione del Tribunale di rinviare gli atti alla Procura perché la indaghi per calunnia.
Cosa è accaduto
I fatti per i quali si è celebrato il processo risalgono al 2020. Stando all’accusa si sarebbero verificati da febbraio alla fine dell’anno. Davanti ai pesanti addebiti, l’uomo, si è sempre difeso. Gli avvocati Gianluca Savoldi e Gianluigi Bezzi, suoi difensori, in aula hanno evidenziato alcune incongruenze nel racconto della donna. In particolare sottolineato che la presunta vittima non fosse stata in grado di contestualizzare i maltrattamenti e che dopo l’aborto avesse promesso amore eterno al loro assistito e gli avesse chiesto un figlio.
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