Asia Bibi: «Ospitarla, forma di riscatto dopo la morte di Sana»
Condannate a morte. Asia Bibi, cristiana, con l’accusa di blasfemia. Sana Cheema, musulmana, con quella di disubbidienza. Le due donne hanno molti punti in comune: entrambe native della provincia pakistana del Punjab, entrambe motivo di discussione a Brescia, nel loro Paese, nel mondo. Al punto che l’asilo offerto dal nostro Comune ad Asia Bibi viene letto da una delle amiche intime di Sana quasi come «una forma di riscatto» nei confronti della ventiseienne uccisa dai familiari.
Non ha dubbi la giovane che per prima ha denunciato la morte di Sana, rivolgendosi al nostro quotidiano. Le trema la voce, nel ricordare quei giorni di aprile, il dolore e la paura. Non ha dubbi a ritenere l’accoglienza di Asia Bibi «un atto di grandissima umanità» per una città che ha subito e vissuto la tragedia di una sua concittadina barbaramente uccisa. «Sono ferite che non si rimarginano» dichiara la ragazza che ora, come allora, vuole rimanere nell’ombra per ragioni di sicurezza.
«Ma la liberazione di Asia Bibi, così come l’arresto dei familiari di Sana, dimostrano che la giustizia in Pakistan funziona, malgrado la corruzione e le fortissime pressioni della piazza e degli estremismi - aggiunge -. Tutti abbiamo pregato per la liberazione di Asia Bibi. Tutti, nella mia famiglia, abbiamo gioito per la sentenza e, soprattutto, per la citazione del Corano da parte del giudice che ha ricordato che «la tolleranza è il principio fondamentale dell’Islam», sottolineando che la nostra religione condanna l’ingiustizia e l’oppressione».
Asia, arrestata nel 2009 e condannata l’anno dopo alla pena capitale, è stata dichiarata innocente dalla Corte Suprema del Pakistan che ne ha ordinato l’immediata scarcerazione, avvenuta il 31 ottobre scorso. Sana, invece, non ha avuto un «giusto processo».
La sentenza di condanna a morte è stata emessa ed eseguita lo scorso 18 aprile dal padre e dal fratello che hanno strangolato la giovane.
Lei non è stata giudicata da nessun tribunale, a meno che non si consideri tale quello della famiglia. Padre e fratello sono finiti in carcere con l’accusa di un omicidio che pochi giorni dopo hanno confessato. L’indagine della polizia pakistana è iniziata dopo la pubblicazione, sul nostro quotidiano, della notizia della morte della giovane. Notizia che ha poi fatto il giro del mondo. Lei viveva a Brescia fin da bambina ed era tornata in patria per una vacanza che si è trasformata in una trappola mortale. Sana era una cittadina bresciana.
Asia potrebbe diventarlo, se accoglierà l’offerta di asilo del nostro Comune. Offerta, dunque, che assume il valore del riscatto nei confronti della tragedia che ha colpito Sana, spezzando il forte legame che aveva con la nostra - e sua - città e con la patria che l’aveva accolta. «Una forma di riscatto nei confronti di tutte le donne maltrattate ed uccise perché difendono la loro dignità di persone e la loro libertà di pensiero» conclude l’amica di Sana.
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