Arrestato Franco Mossoni, si cerca l'arma

Il 55enne bresciano è indagato per l'omicidio della 43enne che aveva lavorato come pornostar e il cui corpo è stato ripescato dal Garda
Caso-Giacomini: Mossoni arrestato
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Franco Mossoni è finito in manette. Il 55enne bresciano, indagato per l’omicidio di Federica Giacomini, è stato arrestato questo lunedì. La Giacomini, lo ricordiamo, era scomparsa dalla sua casa di Vicenza nel gennaio scorso. Quarantatreenne, aveva lavorato come attrice hard ed era nota come Ginevra Hollander.
 
I genitori l’avevano sentita l’ultima volta il 31 dicembre, per gli auguri di Capodanno. Poi nulla. A metà gennaio l’avevano cercata, senza esito, tanto da fare, il 19, una denuncia di scomparsa ai Carabinieri di Desenzano.
Secondo quanto era emerso dagli accertamenti, la donna aveva affittato una casa a Vicenza in cui aveva abitato Franco Mossoni. L’uomo era intanto finito in un ospedale psichiatrico giudiziario dopo aver compiuto un’incursione all’interno dell’ospedale «San Bortolo», nel capoluogo berico, vestito da Rambo.
 
Mossoni ha alle spalle una condanna per omicidio compiuto negli anni Ottanta, quando nel Bresciano aveva ucciso un rivale in amore. Aveva scontato la sua pena in carcere. Nel suo appartamento vicentino, la polizia aveva scoperto balestre, coltelli, indumenti femminili e carte che facevano riferimento a Federica Giacomini. «Stava con me - aveva affermato l’uomo in febbraio -, ma ormai è finita». La donna gli aveva pagato anche il cellulare.
 
È stato proprio l’apparecchio a chiudere il cerchio investigativo attorno alla figura di Mossoni. Gli agenti sono partiti dai tabulati telefonici per ricostruire le sue mosse tra fine gennaio e inizio febbraio, all’epoca cioè della scomparsa della donna.
 
L’uomo, in quel periodo, aveva freneticamente cercato di mettersi in contatto con un barcaiolo di Brenzone, in provincia di Verona, fino a trovarne uno aperto d’inverno. Al barcaiolo, non indagato, Mossoni aveva fatto credere di essere un biologo incaricato di depositare sul fondo del Garda un congegno di rilevazione.
In realtà, per l’accusa, si trattava di una bara di plastica camuffata con pulsanti e antenne per darle una parvenza tecnologica, in cui era adagiato il cadavere di Federica, appena massacrata.
 
Il sarcofago è stato ripescato il 17 giugno scorso a Castelletto di Brenzone dai sommozzatori della Polizia, seguendo le indicazioni di un testimone. Le spoglie erano state portate all’istituto di medicina legale di Padova.
L’autopsia ha accertato che quei resti umani appartenevano a Federica Giacomini, uccisa con violenti colpi alla testa. Ora è da scoprire l’esatto luogo del delitto, forse un appartamento nel veronese nel quale confluivano le celle telefoniche di entrambi, e bisogna recuperare l’arma del delitto.
 
Nel frattempo Mossoni, dall’ospedale criminale di Reggio Emilia, andrà in carcere, e nei prossimi giorni dovrà essere interrogato. Gli inquirenti si augurano riesca a trovare la lucidità per confermare o smentire le accuse a suo carico.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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