Antimafia, fermate cinque persone in possesso di armi da guerra
Sono arrivate in provincia di Brescia le indagini coordinate della procure antimafia di Reggio Calabria e della procura di Ancona con l’appoggio di Carabinieri e Guardia di Finanza e che hanno portato ad accertare le responsabilità di cinque persone per reati che vanno dal traffico internazionale di tabacco, evasione fiscale ma anche detenzione di armi da guerra. Il tutto, sembra, in stretto contatto tra Brescia e una famiglia della 'ndrangheta calabrese.
L’indagine è partita nel maggio del 2020 quando i carabinieri di Verolanuova e la Finanza di Brescia hanno trovato 40 tonnellate di tabacco e materiali per confezionare pacchetti di sigarette contraffatte per un valore complessivo di otto milioni di euro.
I successivi sviluppi investigativi hanno portato alla luce le attività criminali di diverse persone, sia a Brescia che in altre parti d’Italia e anche all’estero e hanno portato al sequestro di armi di vario tipo tra cui delle bombe a mano e anche a scoprire che, partendo dalla nostra città, era stato studiato un piano per uccidere un ex affiliato alla famiglia della 'ndrangheta.
All’alba di oggi sono scattate le cinque misure di custodia cautelare in carcere eseguite a Brescia, Flero, Nuvolera, Reggio Calabria e Vibo Valentia, oltre a 27 perquisizioni nelle province di Brescia, Bergamo, Lucca, Verona e Ferrara. Un’altra indagine che testimonia gli stretti rapporti della criminalità organizzata con il Nord Italia e anche la nostra provincia.
Un delitto sullo sfondo
L’operazione che ha portato agli arresti bresciani nella mattina di lunedì fa luce su un contesto criminale oggetto anche di un’altra operazione condotta in questo caso dal Ros di Reggio Calabria.
Stamattina sono state fermate dai carabinieri del Ros persone ritenute responsabili dell'omicidio di Marcello Bruzzese, ucciso il 25 dicembre 2018 a Pesaro dove viveva in località protetta essendo fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio Bruzzese. Sono due i provvedimenti di fermo emessi dalle Procure di Ancona e Reggio Calabria nei confronti di quattro persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, porto e detenzione illegale di armi, reati questi ultimi aggravati dall'aver commesso i fatti al fine di agevolare la 'ndrangheta. Le indagini sono state avviate dalla Dda di Ancona dopo l'omicidio di Bruzzese. Le indagini dei carabinieri del Ros hanno consentito di identificare Michelangelo Tripodi che, assieme ad altri due indagati, Rocco Versace e Francesco Candiloro, fermati dalla Dda di Ancona, è ritenuto uno degli organizzatori ed esecutori materiali del delitto Bruzzese. Le indagini a Reggio Calabria sono state coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall'aggiunto Gaetano Paci e dal pm Francesco Ponzetta. I pm reggini, in sinergia e raccordo operativo con la Dda di Ancona, hanno completato il quadro ricostruttivo in quanto collocano Michelangelo Tripodi nel contesto mafioso calabrese.
Secondo gli inquirenti, i fermati stavano pianificando più omicidi nell'interesse di Domenico Crea, anche come ritorsione per la sentenza emessa il 12 dicembre 2020 dalla Corte di appello di Reggio Calabria che ha condannato il boss Teodoro Crea, il figlio Giuseppe e Antonio Crea. Nelle intercettazioni si fa riferimento a progetti di attentati con il bazooka o con esplosivo che sarebbe servito per far saltare in aria un'auto blindata. L'omicidio Bruzzese, secondo i pm, è stata una vendetta trasversale, a distanza di 15 anni, della cosca per la decisione assunta da Girolamo Crea di collaborare con la giustizia nel 2003 e così facendo la cosca voleva dimostrare la sua operatività e capacità di intimidazione per scoraggiare ulteriori collaborazioni.
Contestualmente alle Procure di Reggio e Ancona, la Dda di Brescia ha emesso altri provvedimenti precautelari che riguardano lo stesso contesto investigativo. I tre uffici giudiziari sono stati coordinati dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.
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