Andare dal dentista non fa paura: studi riaperti con precauzioni
L’unica paura che dovremmo avere, andando dal dentista, è quella di sempre: il male ai denti. Ma in tempi di Covid, il dubbio sorge a molti: sarà sicuro proseguire le terapie odontoiatriche? La risposta arriva direttamente dall’Associazione nazionale dentisti italiani, che a Brescia conta 643 associati (sui 1.250 iscritti all’Albo degli odontoiatri). «Il coronavirus - dice Claudia Valentini, vice presidente Andi Brescia - è la manifestazione su larga scala di ciò che nei nostri studi combattiamo da sempre, visto che nella nostra professione il rischio biologico è molto elevato. Per questo siamo abituati a considerare tutti i pazienti come potenzialmente infetti e a prendere le adeguate precauzioni».
Anche il mondo dell’odontoiatria - in cui per ovvie ragioni il distanziamento sociale è impraticabile - si è riorganizzato di fronte all’emergenza sanitaria. Durante il lockdown, pur non avendo avuto l’obbligo di chiusura perché considerati servizi essenziali, i circa 800 studi odontoiatrici bresciani - che impiegano una forza lavoro di 2.500 occupati - hanno fatto un passo indietro.
«Già da inizio marzo - racconta l’odontoiatra Gianmario Fusardi - abbiamo sospeso le terapie non urgenti e nei successivi due mesi abbiamo aperto gli studi solo per le emergenze, rendendoci comunque disponibili telefonicamente». La telemedicina si è rivelata utile per consulti e monitoraggi: «Attraverso l’invio di fotografie - spiega Valentini - abbiamo potuto controllare la salute orale di molti pazienti e in diversi casi prescrivere cure farmacologiche a distanza». Nel caso invece in cui il dolore fosse insopportabile anche con l’assunzione di farmaci, è stato necessario intervenire di persona. «Fratture, ascessi, problemi alle protesi o agli apparecchi ortodontici hanno richiesto operazioni in studio - riferisce l’odontoiatra Sara Geretto -. Ho però lavorato senza i miei collaboratori per evitare il più possibile contatti e spostamenti. I pazienti si sono dimostrati comprensivi e hanno chiamato solo per reali emergenze».
All’inizio di maggio sono state emanate le misure operative da adottare sul paziente odontoiatrico, aggiornando il documento di valutazione dei rischi. Gli studi hanno così riaperto, anche se con diverse restrizioni. I pazienti vengono prima sottoposti a un triage telefonico, in cui si accerta il loro stato di salute nelle due settimane precedenti: chi ha avuto sintomi influenzali o è entrato in contatto con persone positive, non può accedere allo studio. L’appuntamento richiede poi una serie di procedure: il paziente deve depositare i suoi effetti personali in sacchetti monouso, compilare un questionario e presentarsi in studio puntuale e non accompagnato (ad eccezione di bambini, disabili e anziani).
Poi arriva il dentista, con una vera e propria tenuta da astronauta: visiera, maschera FFP2 senza filtro, camice, cuffia, manicotti, copricalzari, guanti e occhiali. Per quanto riguarda gli spazi, dalle sale d’attesa sono banditi giocattoli e riviste, le superfici sono rivestite da pellicola trasparente e il plexiglass divide gli utenti dalle segretarie. Attorno alla poltrona operatoria deve girare il minor numero possibile di strumenti e dopo ogni intervento ci sono la disinfezione - con clorecidina, acqua ossigenata e alcol - e l’areazione - di almeno 15 minuti - della sala utilizzata. Il risultato sono visite e operazioni in totale sicurezza, anche se il numero di pazienti giornalieri si è inevitabilmente dimezzato.
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