Andar per lucciole trovando il carpe diem

Tradurre: a volte basta una semplice parola, a volte serve un testo raffinato, a volte sembra proprio non esserci modo.
Partiamo dal compito più facile: la parola singola. Il nostro lettore Armando ci chiede se «esiste un sostantivo veramente dialettale bresciano per lucciola». Nella mia memoria personale risuona un «le lùciole», pronunciato alla bresciana ma di fatto identico all’italiano. Scavando nei vocabolari, la traccia più vecchia l’ho trovata nel dizionario elaborato nel 1759 dagli studenti del seminario cittadino, che riporta il termine luzarùl con la variante luzerùl. L’attuale dizionario di Gianni Pasquini riporta le diciture lözarì, lüzaröl ma anche il femminile lüzaröla. Se poi ci limitiamo a bagnare il nostro linguaggio in Caffaro, troviamo - nel Vocabolario del dialetto di Bagolino di Bazzani e Melzani - il termine l’özäölä (così la grafia nel testo) che scende da un latino parlato luceola. In alcune zone dell’Ovest bresciano fa capolino anche il termine bergamasco panigaröla (cfr Antonio Tiraboschi, 1873).
Ed eccoci alla parte più difficile: tradurre in dialetto il carpe diem di Orazio. Qui due sole parole non bastano. Qui serve tutta la capacità di entrare nel sentire del poeta latino e di ricrearlo nel nostro dialetto. Ne sono stati capaci Fabrizio Galvagni e Roberto Ballerini nel loro recentissimo libro «Ibam forte Valle Sabia - Orazio in bresciano». Un volumetto che a me ha affascinato, ve lo consiglio di cuore.
Infine la traduzione che pare impossibile: come si dice in dialetto bresciano «arcobaleno»? Ce lo ha chiesto tempo fa il nostro lettore Ivan. Io ho solo qualche debole traccia. E voi?
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