Anche sei società bresciane nella frode carosello «Metal Ghost»

Sequestrati a quattro indagati beni per 36 milioni di euro
L'indagine della Guardia di Finanza Foto © www.giornaledibrescia.it
L'indagine della Guardia di Finanza Foto © www.giornaledibrescia.it
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Ci sono anche sei società bresciane con sede a Brescia, Roncadelle, Paitone, Rodengo Saiano e Torbole Casaglia tra le oltre 60 indagate dalla Guardia di Finanza di Livorno nell'ambito di una maxi inchiesta per reati fiscali che ha portato il Gip di Napoli a firmare, nelle scorse ore, un decreto per sequestri patrimoniali per 36 milioni di euro, pari al valore di una presunta evasione di Iva (33 mln) e Ires (3).

Il provvedimento è stato emesso su richiesta della procura del capoluogo campano per un'inchiesta, partita da Piombino, su una presunta maxi frode fiscale internazionale nel settore del commercio all'ingrosso di minerali metalliferi e metalli ferrosi. Loperazione, denominata «Metal ghost», avrebbe portato alla scoperta di fatture false per complessivi 760 milioni di euro, che hanno interessato 62 imprese - 48 italiane, di varie regioni e 14 estere -, in un giro che era gestito da un presunto sodalizio criminale campano: le fiamme gialle hanno calcolato in base alle fatture, gli indagati avrebbero dovuto movimentare oltre 23.000 tonnellate di minerali, «una mole di scambi inverosimile per tipologie di prodotti così rare».

Società capofila del presunta truffa carosello un'azienda con sede legale a Napoli e operativa su Milano: quattro i principali indagati, tutti di origini partenopee: due residenti in Svizzera, «incaricati - spiega la Gdf in una nota - della gestione occulta della società capofila, un commercialista di 57 anni residente a Lacco Ameno che curava gli aspetti tecnici e amministrativi e un 'esperto del settorè di 66 anni, residente a Basiglio, operante quale imprenditore nei rapporti coni terzi».

I reati per i quali procede la procura napoletana sono associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali, tra cui l'emissione e l'utilizzo di fatture false, l'indebita compensazione di crediti d'imposta inesistenti e l'occultamento delle scritture contabili. Contestata anche la responsabilità amministrativa per il reato associativo che sarebbe stato commesso dagli amministratori della società capofila del 'carosellò. 

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