Allarme commercio a Brescia: in città chiuse 1.600 attività

Dopo un pessimo 2020 a causa del Covid e una parziale ripresa nel 2021, ora la guerra in Ucraina mette in ginocchio il settore terziario
L'EMORRAGIA DEL COMMERCIO
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Allarme commercio nel Bresciano. Dopo un pessimo 2020 a causa del Covid, una parziale ripresa nel 2021 che faceva ben sperare, la quarta ondata della pandemia nel gennaio 2022 e la guerra in Ucraina hanno di nuovo messo in crisi il settore terziario. Parliamo di oltre 57mila imprese fra commercio, turismo e servizi.

Calano i consumi (i saldi di gennaio sono stati oltremodo deludenti: due imprese su tre hanno registrato incassi inferiori rispetto ai saldi invernali 2020 pre Covid), crescono i costi, calano i fatturati e la disponibilità liquida per pagare i fornitori. La fiducia nel prossimo futuro è scesa ai livelli dei tempi più bui del Covid. È il quadro che emerge dalla ricerca sulle imprese del terziario bresciane realizzata da Confcommercio Brescia in collaborazione con Format Research.

Confcommercio segnala anche il dato molto negativo di Brescia città per quanto riguarda l’evoluzione demografica delle imprese: in dieci anni il capoluogo ha perso oltre 1.600 attività, quasi il 35%, con una perdita di quattromila posti di lavoro. Carlo Massoletti, presidente di Confcommercio Brescia, chiede all’Amministrazione comunale un tavolo dove discutere per «capovolgere questo trend. Numerose zone della città sono ormai desertificate per quanto riguarda le attività commerciali». Secondo l’indagine di Confcommercio, condotta su un campione di quattrocento imprese, il 76,3% dei commercianti ritiene necessarie nuove misure di sostegno da parte dello Stato.

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