Al Civile, tra i pazienti pendolari in attesa di un letto

Protagonisti di «giri di valzer» tra reparti sono, mediamente, pazienti anziani, ricoverati nelle ore serali o notturne
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Varcata la soglia del pronto soccorso, si diventa «provvisori». E pazienti, nel senso letterale del termine. Dapprima, per ore, in attesa di sapere se si è malati a sufficienza per essere ricoverati. Poi, per un tempo indefinito prima di conoscere dove si verrà «appoggiati», ospiti di un reparto diverso da quello cui si era destinati, perché nel «proprio» - quello di pertinenza clinica - non c’è un posto letto disponibile.

Lunedì, ad esempio, i «provvisori» sono stati una ventina, su duecento accessi e 54 ricoveri al Pronto soccorso dell’Ospedale Civile. Mediamente, si attestano sulle dieci, quindici unità. Rimangono «in esilio» uno, due, tre giorni, il tempo necessario per liberare un posto letto. Tecnicamente, «in appoggio», con cure e assistenza a carico del personale del reparto di pertinenza, quello in cui non sono ancora entrati.

Accade, anche, che il nuovo arrivato sia grave al punto da richiedere il ricovero immediato nel «suo» reparto. In questo caso, si tratta di liberare un letto, trasferendo nel reparto d’appoggio un paziente già ricoverato e meno critico. Un disagio comunque, che aumenta e diventa più che fastidioso se il trasloco deve avvenire nel cuore della notte.

Protagonisti di questi «giri di valzer» non propriamente ludici sono, mediamente, pazienti anziani, ricoverati nelle ore serali o notturne e destinati alle Medicine che, in questo periodo dell’anno, sono spesso in «overbooking».

Ma lunedì, sempre al Civile, ci sono state anche altre «peregrinazioni» da un reparto all’altro. In questo caso, il pellegrinaggio è dovuto al «week hospital». Avviene nei reparti chirurgici, dove gli interventi minori vengono programmati nei primi giorni della settimana, in modo da dimettere il paziente entro il venerdì. Salvo complicanze, ovviamente. In questo modo, molti letti restano vuoti il sabato e la domenica e le persone che devono rimanere in ospedale anche in questi giorni, vengono spostate in altri reparti.

La scorsa settimana, ad esempio, il venerdì è stata chiusa l’urologia femminile e i malati sono stati aggregati alla maschile. In termine tecnico si dice «razionalizzare». Tradotto: permettere a medici, infermieri e personale di supporto di rispettare turni e riposi. Che, da novembre, sono «obbligati» per effetto del recepimento della direttiva europea del 2003. Per legge, dunque, nessun camice bianco può lavorare più di tredici ore di fila e tutti hanno diritto a uno stacco di almeno 11 ore tra un turno e l’altro e a 24 ore consecutive a settimana di riposo. Un vero e proprio risiko, dal quale è difficile uscire senza l’assunzione di nuovo personale. Che il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per ora, ha solo promesso.

 

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