Adolescenti tra paura e solitudine: le risposte mancate
Paolo frequenta la terza superiore. Impegnativo dire «frequenta» perché da quel primo mancato giorno di scuola ad oggi è entrato in classe per due mesi, nemmeno consecutivi. Ha smesso di giocare a calcio per un tempo lunghissimo, ha diradato anche gli incontri online con gli amici e si è chiuso in se stesso. Paolo sta male, al punto che qualche giorno fa ha vinto ogni freno ed ha detto alla madre che, forse, un aiuto psicologico potrebbe servirgli a trovare la strada della sua adolescenza negata.
La donna, preoccupata e sollevata ad un tempo, ha iniziato a cercare uno specialista con il quale fissare un appuntamento e si è trovata ad affrontare una missione quasi impossibile. «Non c’è stato modo di trovare uno psicologo per mio figlio» scrive, angosciata.
Riflettori accesi
La bocciatura del bonus psicologico alla Camera dei deputati e l’approvazione in Consiglio regionale lombardo di un documento che «impegna» la Giunta ad istituire lo «psicologo di base» nelle ultime settimane hanno ulteriormente acceso i riflettori su una situazione di grande disagio psicologico che investe non solo gli adolescenti, ma il Paese intero. Ansia, depressione, insonnia, mancanza di interesse nei confronti di quello che li circonda.
Come Paolo ci sono migliaia di ragazzi, a partire dalla preadolescenza, che hanno bisogno di aiuto. «A nessuno vengono chiuse le porte in faccia» chiarisce Adriana Testa, responsabile struttura semplice consultori dell’Asst Spedali Civili di Brescia.
Il boom
Vi è la conferma - anche se i dati del 2021 sono ancora in elaborazione - di un aumento medio del 30-35% delle richieste di intervento rispetto al 2019, anno prepandemia, quando nei consultori bresciani erano seguiti circa 6.000 bambini e ragazzi. L’aumento riguarda sia le strutture pubbliche sia quelle private accreditate che svolgono una funzione pubblica. E interessa, in senso più ampio, anche il lavoro degli studi privati che, appunto, non sono riusciti a dare un appuntamento in tempi rapidi a Paolo. Sono cresciute, anche, le segnalazioni di minori da parte della Procura che chiede ai servizi territoriali una valutazione psico-sociale dei ragazzi protagonisti di atti di aggressione e di vandalismo, punto estremo di espressione del disagio diffuso vissuto negli ultimi due anni ed in gran parte rimasto sommerso.Liste d’attesa
«Le liste d’attesa ci sono, è vero, ma è difficile quantificare - continua Testa -. I casi più urgenti vengono presi in carico entro due settimane. Per gli altri, i tempi variano, ma non superano mediamente il mese e mezzo. Tanto? In realtà, non siamo un servizio di emergenza, ma un consultorio all’interno del quale vi è un’area dedicata all’adolescenza, così come a tutte le fasi della vita. A ricevere la prima chiamata è un’assistente sociale che fissa un primo colloquio in presenza durante il quale si valuta la richiesta, perché molte situazioni non richiedono un intervento psicologico ma psichiatrico. In quel caso si indirizza alla Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Dopo il primo incontro, il caso viene valutato da un’équipe specialistica che stabilisce i tempi della presa in carico, sempre legata all’urgenza della specifica situazione e, se si tratta di minore, è necessario del consenso di entrambi i genitori».
Adriana Testa ricorda che «per accedere al consultorio non si deve pagare alcun ticket e non c’è obbligo di prescrizione da parte del medico di medicina generale o dello specialista». «Siamo sempre aperti e non abbiamo mai interrotto il servizio nemmeno durante il lockdown - continua -. Ora stiamo riprendendo gli incontri con piccoli gruppi. Evidente che, in un ambito in cui ci sono molte sfumature, è impossibile garantire una tabella di marcia netta. Se si sommano tutti i passaggi, per i casi complessi garantiamo fino a quaranta prestazioni gratuite. Anche i nostri servizi, tuttavia, soprattutto ora in cui la domanda è aumentata in modo rilevante, soffrono di carenza di personale. Il numero di psicologi che lavora nel pubblico non è adeguato a soddisfare le richieste e per questo attendiamo fiduciosi i nuovi colleghi che verranno assunti dopo il concorso appena espletato all’Asst Spedali Civili».
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Consultorio, non emergenza
Sulle liste d’attesa, la psicologa Testa invita a «non pretendere di avere sempre una risposta in tempo reale per un problema che, sì, ha bisogni di risposte, ma nel tempo. Capire questo significa essere responsabili nei confronti della comunità e riconoscere che possono esserci anche casi più urgenti dei propri». Nella consapevolezza che l’urgenza può contenere i danni, ma la cura ha bisogno di tempo, di personale, di squadra, di gruppi multidisciplinari. Ha bisogno di relazioni e di un pensiero condiviso. Il futuro, compreso il possibile nuovo ruolo dello psicologo delle cure primarie all’interno delle Case della Comunità, è strettamente legato alla lettura del bisogno. Che è fondamentale, da qui ai prossimi cinque anni, dopo il trauma che tutti abbiamo subito e che, in parte, stiamo ancora vivendo. Se ci chiedessero di sintetizzare gli ultimi due anni con una parola, probabilmente penseremmo a «paura». La paura di leggere l’esito di un tampone, di contagiare i propri cari o addirittura la paura di morire, dopo essere stati testimoni della morte di persone vicine, come quelle dei nonni, rielaborate a fatica da giovani nipoti già in sofferenza. Da una routine fatta di famiglia, lavoro e progetti personali, molti si sono ritrovati a dover fare i conti con un profondo senso di angoscia costante e di incertezza per il futuro. Ed il peso di quest’ultima è quasi del tutto sulle spalle dei più giovani.
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