Addio al Pagodino: storia di un abuso durato per anni
Qual è il Paese in cui un terreno comunale viene dato in concessione senza che il Comune si accorga che: 1) su quel terreno è stato realizzato un abuso edilizio; 2) nell’edificio abusivo viene svolta un’attività economica di fatto fuori norma? La risposta è semplice: l’Italia. A Brescia, per l’esattezza.
Ecco sintetizzata la storia del Pagodino, il locale di via Langer, in zona Castello, rimasto per decenni al centro della vita notturna bresciana. Un club prosperato su un terreno di proprietà della Loggia, affidato in concessione a una famiglia bresciana che aveva realizzato la struttura, dandola poi in gestione. Senza averne titolo, stando a quanto ricostruito dal Comune, e prendendosi troppe libertà: quello che avrebbe dovuto essere un semplice chiosco era diventato un edificio su due piani.
L’ultimo segno di vita risale al 18 maggio 2012, quando il locale si chiamava Joy ed era in mano tra gli altri a Roberto Signorelli, una vita passata tra club, discoteche e ristoranti.
«Mi piange il cuore a pensarci - dice -, è stata un’avventura nata per caso nel 2004. Non avrei mai immaginato che avrebbe avuto un successo del genere e che sarebbe finita così». Quando nel 2010 Signorelli e soci scoprirono dal Comune che il locale che stavano gestendo era un edificio per larga parte abusivo non ci volevano credere.
Partendo da un ipotetico chiosco, i titolari della concessione per l’utilizzo del terreno pubblico avevano infatti realizzato un locale su due piani, con due terrazzine e spazio sufficiente ad accogliere fino a quattrocento persone, nelle serate più affollate.
Negli uffici comunali parlano di «situazione intricata», perché in effetti non è possibile stabilire quando allargando qua e là il Pagodino sia giunto alla sua forma attuale. Dopo la scoperta fatta nel 2010, si cercò un modo per sanare il tutto, ma quando fu chiaro che non c’erano vie percorribili, l’unica scelta possibile fu chiudere tutto. Anche perché, fatto curioso, il Comune aveva scoperto che i proprietari dell’edificio non avevano titolo per detenere un’attività di pubblico esercizio. In sostanza, fanno sapere dagli uffici, non avrebbero potuto subaffittare il locale.
Così, nel 2012, si spensero le luci: addio Pagodino, addio feste e buonanotte. La faccenda è tutt’altro che chiusa. Da un lato la Loggia sta cercando di transare con gli ormai ex concessionari, che sono stati inoltre trascinati in tribunale dai vecchi titolari del Joy. La chiusura del club a causa delle irregolarità edilizie, sostengono, ha provocato un danno economico non indifferente. Resta poi da definire il destino dell’edificio: va abbattuto? Bisogna ripristinare la sua forma iniziale? E quale sarebbe la sua vera forma iniziale? Domande che si infrangono contro la porta chiusa, mentre la famosa terrazzina è ormai piena di foglie, circondata dalla vegetazione fuori controllo.
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