Accusato di torture su un 14enne: foreign fighter bresciano a processo
Lo avrebbe legato a una sedia metallica, collegata attraverso dei morsetti per caricare le batterie dell’auto alla rete elettrica. Avrebbe cercato di convincerlo a passare sotto i vessilli dell’Isis con il dito sull’interruttore, infliggendogli scosse violentissime. Voleva farlo combattere per lo Stato islamico contro le sue origini. E per farlo lo avrebbe sottoposto a una tortura settimanale in uno dei tanti ribat posti nel nord della Siria all’epoca dilaniata dal conflitto, per proteggere il territorio del califfato e per tentare di convertire gli «infedeli» con ogni mezzo. Un risultato che con lui non riuscì e che oggi a Samir Bougana, tunisino di passaporto italiano cresciuto a Gavardo, costa un processo per tortura.
Secondo quanto ricostruito dal pubblico ministero Erica Battaglia e dagli uomini della Digos della questura, il 28enne, partito per combattere per l’Isis nel 2013, addestrato in Turchia, arrivato a Raqqa nel 2014, era l’esecutore materiale delle torture ordinate da Abdullah Almani nella fortificazione di Der Ez Zor. Tra i suoi torturati ci sarebbe stato anche l’allora 14enne oggi persona offesa. Il ragazzino, un curdo yazida catturato dai miliziani dell’Isis mentre tentava la fuga dalla Siria in fiamme, dopo un anno di sofferenza riuscì a liberarsi e a fare il cammino inverso rispetto a Bougana. Arrivò in Germania e qui chiese asilo. Proprio qui, anni dopo, denunciò le torture e riconobbe il 28enne tra i suoi aguzzini.
La segnalazione arrivò a Brescia dove Bougana era già stato condannato a 4 anni per arruolamento con finalità terroristiche per essersi affiliato allo Stato Islamico dopo il processo di radicalizzazione iniziato in Italia e proseguito in Germania. La notizia di un suo possibile coinvolgimento nelle brutali procedure di persuasione degli ostaggi arrivò a Brescia pochi giorni prima della sua uscita dal carcere dove stava finendo di scontare la sua pena. Gli elementi di prova raccolti dagli inquirenti spinsero il giudice delle indagini preliminari a scrivere una nuova ordinanza cautelare in carcere per la quale, ancora oggi, Bougana è in cella a Sassari.
E da Sassari il 28enne di Gavardo ieri ha seguito in video conferenza la prima udienza del processo per tortura a suo carico. In aula, al banco dei testimoni, si sono alternati i dirigenti della Digos che si sono occupati dell’origine del caso e dei suoi sviluppi, comprese le alterne dichiarazioni della persona offesa che tra il 2021 e il febbraio 2023 dapprima riconosce Bougana in un album fotografico, poi, in un successivo interrogatorio, non lo ritrova, e infine, una volta a tu per tu con gli agenti partiti da Brescia alla volta della Germania, lo riconosce in un video e, di fronte a quelle immagini, batte i pugni sul tavolo, si agita, piange e cerca di scappare. «Sul riconoscimento di Bougana - ha detto la vice dirigente della Digos - non ci sono dubbi. Temo però che la persona offesa non voglia più parlarne. Alla polizia tedesca disse di aver ricevuto lettere minatorie, nelle quali si faceva esplicito riferimento ai pericoli che correvano i suoi parenti. E che da quel momento in poi non avrebbe più rilasciato dichiarazioni; che avremmo dovuto farci bastare quello che aveva già detto».
Il presidente della Corte d’assise Roberto Spanò ci vuole provare comunque: ha aggiornato il processo al 19 dicembre e ha fatto citare la persona offesa tra i testimoni.
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