Abusi in palestra, maestro di kung fu a processo
Il pm Benedetta Callea ritiene che abbia approfittato per anni del suo ruolo per soggiorare mentalmente e fisicamente le sue allieve e per costringerle a sessioni di sesso di gruppo o se. Lui nega ogni addebito: sotiene di non aver costretto nessuna a fare nulla contro la sua volontà.
Il 31 gennaio prossimo le due versioni sul piatto della bilancia: Salvatore Cafiero - il 52enne maestro di arti marziali di origini napoletane dalla metà degli anni ’90 operativo a Brescia con una scuola in via Cacciamali - sarà davanti ai giudici della prima sezione penale (Spanò, Macca e Giordano) per difendersi da accuse pesantissime nel corso del processo immediato chiesto ed ottenuto dal pm.
Oltre alle violenze sessuali aggravate, gli inquirenti gli contestano un episodio di truffa, l’esercizio abusivo della professione medica e pure di commercio abusivo di farmaci illegali. Nel corso delle indagini è invece caduta la riduzione in schiavitù, inizialmente contestata. Secondo la ricostruzione della Procura, invocata da un esposto della Casa delle donne, Cafiero organizzava momenti conviviali con le sue allieve, tutte maggiorenni, e grazie alla sua influenza riusciva a costringerle a rapporti con più persone. Non solo.
Praticava l’agopuntura pur senza essere medico e vendeva farmaci illegali sostanzialmente surrogati del viagra, senza poterlo fare. Il 31 gennaio saranno sentite le tre persone offese che hanno denunciato il maestro di arti marziali e uno degli investigatori coordinati dal pm. Tornato libero pochi giorni fa dopo sette mesi agli arresti domiciliari, Cafiero sarà in aula al fianco del suo avvocato Vittorio Tria. Sarà l’unico degli imputato presenti.
L’indagine ha raggiunto anche sua moglie (accusata in concorso di esercizio abusivo della professione medica) e un 53enne promotore finanziario amico della coppia che deve rispondere di truffa per aver, con la complicità di Cafiero, sottratto 50mila euro al padre di una delle presunte vittime della violenza sessuale promettendogli un affare sicuro rivelatosi poi un fallimento. La procura ha chiuso l’inchiesta nei loro confronti, ma non ha ancora chiesto il loro rinvio a giudizio.
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