Abbiamo un problema con i Centri per l'impiego

Negli uffici bresciani ci sono 79 persone che devono gestire 38 mila utenti: troppo pochi, soprattutto in vista del reddito di cittadinanza
CENTRI PER L'IMPIEGO, POCHE RISORSE
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Settantanove persone che devono gestire una media annua di 38 mila utenti in cerca di un posto di lavoro. Bastano questi numeri per capire come la vita dei Centri per l’impiego bresciani sia difficile, molto difficile. Per chi ci lavora, che si trova di fronte una mole enorme di pratiche da sbrigare, dall’assegno di disoccupazione Naspi all’inserimento lavorativo dei disabili, dai tirocini ai corsi di formazione, e per le persone che usufruiscono dei loro servizi. 

Le code agli sportelli dei quattordici uffici di città e provincia sono pane quotidiano, eppure le attività di questi centri sono fondamentali visto che la crisi non è ancora finita e lo saranno sempre più per il reddito di cittadinanza che il governo vuole introdurre da aprile. In via Cipro, al mattino, le persone arrivano alle 5.30 per riuscire a ottenere un colloquio. La fila che si forma è talmente lunga che chi giunge alle 8.30, orario di apertura, non ha la certezza di riuscire a sedersi di fronte a un impiegato prima della chiusura, alle 13.30. 

 

In attesa di colloquio al Cpi - Foto © www.giornaledibrescia.it
In attesa di colloquio al Cpi - Foto © www.giornaledibrescia.it

 

Poi ci sono i paradossi: nel Cpi di Desenzano è attivo da pochi giorni un servizio via mail per riservare i colloqui ed evitare gli ingorghi. Risultato? Diciassette bidoni su cinquantuno prenotazioni. E pensare che la novità è arrivata per la buona volontà di funzionari e impiegati: dal punto di vista dell’organizzazione generale, ci si deve arrangiare con le risorse interne, ad esempio un dipendente con conoscenze informatiche sopra la media. Insomma, ha ragione il ministro del lavoro e vicepremier Di Maio quando dice che i Cpi vanno riformati. Il problema è che il reddito di cittadinanza dovrebbe arrivare nell’aprile 2019 e a pochi mesi da una delle riforme simbolo del governo gialloverde, i centri non sono ancora pronti. Anzi, sono in grossa difficoltà. Marco Drera, della Funzione pubblica Cgil, e Mauro Scaroni, Fp Cisl, sottolineano l’esiguità del personale e la scarsità delle risorse. «Se non cambiano, rischiano il collasso», è l’opinione condivisa.

Oltretutto la Lombardia, in controtendenza rispetto a tutte le altre regioni, ha lasciato i dipendenti dei centri in capo alle Province, con problemi organizzativi non da poco. Basti pensare che le risorse per gli stipendi arrivano da Milano, anche se i lavoratori fanno riferimento al Broletto. Non solo: funzionari e impiegati devono usare tre diversi sistemi operativi per gestire i dati degli utenti: uno della Provincia, uno della Regione e uno del Ministero. Vi sembra sensato? Allo stesso modo, nei Cpi non è possibile sapere in tempo reale se e per quanto tempo il singolo utente abbia trovato un lavoro, anche solo per avere un riscontro circa la bontà delle proprie politiche. 

 

Il Centro per l'impiego di Desenzano - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il Centro per l'impiego di Desenzano - Foto © www.giornaledibrescia.it

 

Il sospetto dei sindacati è che la Regione voglia privatizzare sempre più il servizio, come avvenuto nella sanità. «L’area metropolitana di Milano e la provincia di Monzia già adesso non usano i Centri per l’impiego, ma le aziende di formazione e orientamento al lavoro, Afol - dice Mauro Scaroni -. Temiamo che sia il segnale della volontà di esternalizzare la gestione dei servizi per il lavoro».

Già adesso, a dire il vero, ci sono enti terzi accreditati che svolgono alcune delle funzioni dei Cpi, come la Naspi, la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o i patti di servizio personalizzato. Un modo per ampliare la rete, anche se gli utenti in gran parte ignorano questa possibilità, segnalata anche negli uffici o sul portale Sintesi della Provincia. 

Dagli uffici bresciani arriva dunque un messaggio per Di Maio: «Venga qui una settimana e vedrà cosa c’è da fare prima del reddito di cittadinanza». Nel frattempo, le aziende ancora stentano a usare questi centri per presentare le loro offerte di lavoro: nel 2018 ne sono arrivate 2.175. Decisamente poche rispetto alle 38 mila persone che passano dai cpi cercando un’occupazione per non stare, come si dice di questi tempi, tutto il giorno sul divano. 

«Io ho anche pensato a campagne di marketing per promuovere i nostri servizi, che oltretutto sono gratuiti, con le aziende - dice Angelica Zamboni, responsabile della Direzione lavoro della Provincia -. Ma con settantanove persone dove vuole che vada?». Già, dove? A questo punto, la risposta dovrà arrivare dal governo. E il tempo stringe. 

 

 

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