«A wild mind», il podcast di una mente selvaggia dentro le neuroscienze

Firmato da Andrea Bariselli, scienziato e psicologo bresciano, in pochi mesi è diventato un successo da 300mila download
Andrea Bariselli, neuroscienziato bresciano autore del podcast
Andrea Bariselli, neuroscienziato bresciano autore del podcast
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«A wild mind» è un podcast che fa succedere cose. Il suo effetto è a lento rilascio, come un seme piantato in testa che germoglia dopo un po’, a qualche giorno dall’ascolto. E qui di testa ce n’è parecchia. Non solo perché nelle 20 puntate (disponibili gratuitamente su Spotify e le principali piattaforme) si parla di neuroscienze e di come la natura influenzi il nostro modo di pensare, ma anche perché l’autore è Andrea Bariselli, psicologo bresciano di 42 anni, che con il cervello (suo e degli altri) lavora ogni giorno. È lui la «wild mind», la mente selvaggia che ha ideato quello che in pochi mesi è diventato un caso di successo nazionale.

Il franciacortino Andrea Bariselli, editorialista del GdB, è fondatore di Strobilo (nome scientifico della pigna ndr), tech-company con sede in città che con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale studia il rapporto tra gli esseri umani e l’ambiente che li circonda, raccogliendo e elaborando dati che possono guidare aziende e enti nelle loro decisioni.

Dritto al punto

Bariselli impegnato nella Lavaredo ultra trail - foto Facebook
Bariselli impegnato nella Lavaredo ultra trail - foto Facebook

La voce narrante di «A wild mind» non è quella di uno scienziato nella torre d’avorio, piuttosto di un uomo profondo e complesso che sa farsi capire, come testimoniano i 300mila download. Numeri straordinari, per un prodotto fatto in casa. «A settembre del 2022 mi sono messo al microfono e mi sono lanciato - ci spiega -, senza una strategia. Avevo collezionato una serie di contenuti da condividere e ho scelto di veicolarli con la voce perché volevo essere diretto. Non mi aspettavo un successo del genere». E in effetti Bariselli è tutto fuorché patinato: la registrazione è autentica, compresi gli inciampi e le sbavature, che di sicuro fanno prudere l’orecchio degli ascoltatori abituati alle serie delle produzioni blasonate. Ma l’algoritmo delle piattaforme d’ascolto dà più valore al contenuto che alla confezione e nel giro di poche settimane «A wild mind» è entrato nella Top100 Italia di Spotify, restando al primo posto per 15 giorni. Davanti a Fedez e a Barbero, per capirci.

Il post galeotto

«La spinta definitiva è stata una riflessione che ho pubblicato su LinkedIn, circa tre mesi fa. Tra una conferenza e l’altra ero sopraffatto, inghiottito dall’ingranaggio folle della produttività e della fatica ad ogni costo: mi sono sfogato e poi sono tornato a lavorare». Quando ha ripreso in mano il cellulare, il post aveva 22mila like e circa tremila condivisioni. Un nuovo pubblico inaspettato che ha intercettato il podcast e in poche ore ha fatto impennare gli ascolti e riempito la casella di posta elettronica. «Ero stupefatto, persino LinkedIn mi ha contattato per capire chi fossi. La prima stagione era finita a gennaio, ma l’apice è arrivato mesi dopo. Mi ha travolto».

Il post di Bariselli su LinkedIn
Il post di Bariselli su LinkedIn

Ma cosa ha acceso la scintilla in ascoltatori da tutta Italia? «A wild mind» non è un sermone, ma un racconto digeribile, che sa condividere pensieri sull’«intreccio che tiene unite tutte le cose». Un flusso a tratti suggestivo, che accompagna l’ascoltatore nella comprensione di come funziona il nostro cervello e di quale impatto abbia stare all’aria aperta sulla nostra vita. L'importanza dell'ambiente, della tutela del nostro pianeta, come influisce il cambiamento climatico sull'imbarbarimento della nostra specie. Il tutto condito da gigantesche (spesso spaventevoli) domande esistenziali a cui spesso facciamo finta di non pensare, ma che stanno lì, ci osservano, aspettano di essere almeno accarezzate.

Ed è per questo, come si diceva, che «A wild mind» riesce a far succedere cose. Ci sono puntate che se ascoltate in auto potrebbero far accostare perché fanno piangere (spoiler, la numero 7 «Allungare o allargare la vita»), altre che sanno accompagnare per mano in una foresta in cui da bambini ci si è sentiti felici. E di quel bosco viene voglia di ritrovare il profumo di muschio, il rumore delle foglie sotto le suole, il silenzio. Anche la solitudine, perché è importante avere un senso comune, ma anche ritrovare se stessi.

«C’è bisogno di recuperare il senso di magia, soprattutto per la mia generazione che - me ne accorgo anche da quello che mi scrive la gente - si sente disorientata». Il merito di «A wild mind» è aver legittimato certe emozioni, normalizzandole. Come quel post così letto e condiviso.

Il mito del lavoro a ogni costo

«Abbiamo mitizzato il lavoro, noi bresciani in particolare, creando quell’archetipo dell’uomo che sacrifica e tiene duro, non si sa bene per cosa». A un certo punto ci siamo persi. «Mi capita spesso di pensare che è tutto troppo per me. Troppo lavoro, troppe informazioni, troppa fatica, troppi dialoghi surreali, troppe ore perse per cose che ritengo inutili. Troppo impegno per bisogni inautentici». Se la stanchezza cronica è sempre stata un inno all’efficienza, soprattutto dopo il Covid sono sempre di più le persone che dicono «basta, mi fermo qui». «La pandemia ci ha dato la possibilità di vedere che, al di là dello squarcio, c’è una verità limpida. La vita è altro dal profitto, dalla conquista, dalla competizione. La vita è anche prendersi cura: degli altri, di se stessi, del luogo in cui viviamo. Non è vero che “funziona così e basta”, c’è sempre un’alternativa: quella che funziona per noi. E se non c’è, occorre crearla».

E creare una comunità pensante che si confronta, che poi è uno degli obiettivi della creazione di questo podcast, è un primo passo verso la consapevolezza. Quella coscienza che, poggiando i piedi sulle fondamenta della scienza, fa alzare lo sguardo verso il senso di gratitudine e di meraviglia per ciò che ci circonda. Uno stato d'animo che assomiglia molto alla felicità. Un obiettivo alto, altissimo. Ci sarà una seconda stagione? «Sì, ci sto lavorando. In cantiere ora c’è anche un libro, che dovrebbe uscire la prossima primavera».

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