A Canton Mombello il tasso di affollamento più alto in Italia

È l'analisi di Antigone nel suo Rapporto sulle condizione di detenzione. A fine marzo nel carcere di Brescia tasso al 185%
Il carcere di Canton Mombello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Il carcere di Canton Mombello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Il numero dei detenuti, drasticamente sceso durante il primo anno della pandemia, è tornato a crescere: si è passati dalle 53.364 presenze della fine del 2020 alle 54.134 di dicembre 2021, ai 54.609 di fine marzo di quest'anno. Il tasso di affollamento ufficiale è del 107,4%, ma quello «reale» certamente più alto. Un affollamento che si registra anche a Canton Mombello, il carcere di Brescia, che registra un tasso di affollamento del 185%, il più alto in Italia.

È l'analisi di Antigone nel suo diciottesimo Rapporto sulle condizione di detenzione, realizzato sulla base dei dati ufficiali e delle visite degli operatori dell'associazione nei penitenziari. In alcune regioni il tasso di affollamento è più alto della media: in Puglia è al 134,5%, in Lombardia al 129,9%. Alcuni istituti presentano tassi analoghi a quelli che si registravano al tempo della condanna dell'Italia da parte della Cedu, nel 2013.

A fine marzo l'affollamento a Varese era del 164%, a Bergamo e a Busto Arsizio del 165% e a Brescia Canton Monbello del 185%. In media ogni detenuto commette 2,37 reati. Al 31 dicembre 2008, quando dopo l'indulto del 2006 tornava a crescere la popolazione carceraria, il numero di reati per detenuto era più basso, 1,97. In questo intervallo di tempo, sono diminuiti i reati in generale e anche i detenuti in termini assoluti, ma è aumentato il numero medio di reati per persona: «Ciò è indice - rileva Antigone - dell'aumento del tasso di recidiva».

Al 31 dicembre 2021, dei detenuti presenti nelle carceri italiane, solo il 38% era alla prima carcerazione. Il restante 62% in carcere c'era già stato almeno un'altra volta. Il 18% c'era già stato in precedenza 5 o più volte. La percentuale di chi ci è stato più volte cala per gli stranieri, ma sale per gli italiani. Sempre rispetto al 2008 vi è un netto calo degli ingressi: dai 92.800 ai 35.280 del 2020, per poi risalire per la prima volta in molti anni e fermarsi a 36.539 nel 2021: «Il calo - ricorda Antigone - è certamente frutto delle misure adottate dal 2012 in poi per il contrasto del cosiddetto fenomeno delle porte girevoli, l'ingresso in carcere di persone per periodi brevi o brevissimi». 

«La recidiva: segno di un sistema che non funziona»

«La recidiva è il segno di un sistema che non funziona. Abbiamo bisogno di dare un senso alla pena. Un dato ci aiuta a capire perché il senso è smarrito: è che il 62% dei detenuti ha più di una carcerazione alle spalle e il 18% ha 5 o più carcerazioni». Lo sottolinea il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, presentando il rapporto sulle condizioni di detenzione dell'associazione, che da 24 anni entra nelle carceri e compie un monitoraggio indipendente sulle condizioni di detenzione.

«Abbiamo bisogno di riformare le norme ma anche le pratiche - secondo Gonnella -. Non possiamo trasformare il carcere nell'ultima frontiera di un welfare in crisi, che non intercetta il disagio». «Ci rivolgiamo - aggiunge - a tutti gli attori del territorio, perché diano slancio alle politiche di welfare. Ed è necessario ridurre i numeri della detenzione in arrivo. Trent'anni di dismissione delle politiche sociali, sull'immigrazione e sulle politiche anti-droga, ci hanno portato a questo». 

Le donne in carcere 

Sono 2.276 le donne presenti negli istituti penitenziari italiani, pari al 4,2% della popolazione detenuta totale, una percentuale stabile da due decenni, e al di sotto della media europea, che è pari al 5,3%, secondo le ultime statistiche del Consiglio d'Europa.

Delle oltre 2.200 donne detenute, 576 sono ospitate nelle quattro carceri esclusivamente femminili, Roma Rebibbia, Pozzuoli, e quelle più piccole di Venezia e Trani. Dei 24 istituti con donne detenute visitati da Antigone nel 2021, il 62,5% disponeva di un servizio di ginecologia e il 21,7% di un servizio di ostetricia. Solo nel 58,3% degli istituti visitati le celle erano dotate di bidet, come richiesto dal regolamento di esecuzione da più di vent'anni.

Sempre alla data del 31 marzo, sono 19 i bambini con meno di 3 anni che vivevano insieme alle loro 16 madri all'interno di un istituto penitenziario. Di questi, 8 bambini sono ospitati nell'Istituto a custodia attenuata per madri detenute di Lauro, unico Icam autonomo e non dipendente da un istituto penitenziario. A questo segue un gruppo di 4 bambini all'interno della sezione nido della Casa Circondariale di Rebibbia Femminile. C'era stato un picco nei primi anni 2000, quando si sono arrivati a contare più di 70 bambini in carcere, «negli ultimi dieci anni - sottolinea Antigone - i numeri sono complessivamente diminuiti seppur con un andamento piuttosto altalenante». Nelle carceri ci sono 63 persone trans, tutte donne e prevalentemente italiane: 5 sono assegnate a sezioni promiscue, una è in casa di lavoro, 2 sono in sezione comune femminile, mentre le altre sono in sezioni protette omogenee riservate alla categoria transex. Gli Istituti che accolgono persone transgender sono in tutto 12. 

I suicidi in carcere

Sono già 21 i suicidi di detenuti dall'inizio dell'anno, secondo i dati raccolti da Antigone e aggiornati al 23 aprile. In tutto il 2021, i suicidi erano stati 57. Secondo l'Oms, il tasso di suicidio in Italia nel 2019 era pari a 0,67 casi ogni 10mila persone. Nello stesso anno, il tasso di suicidi in carcere era pari a 8,7 ogni 10mila detenuti: questo significa che i casi sono 13 volte in più rispetto alla popolazione libera.

L'Italia, sottolinea l'associazione che si batte per i diritti nelle carceri nel suo rapporto sulle condizioni di detenzione, «è tra i Paesi europei con il più alto tasso di suicidi nella popolazione detenuta, mentre è tra i Paesi con il tasso di suicidio più basso nella popolazione libera». Antigone segnala un numero «impressionante» di morti nel carcere di Regina Coeli a Roma: 5 detenuti morti (tre stranieri) dall'inizio dell'anno, di cui tre suicidi e due con cause da accertare. A questi vanno aggiunti altri due detenuti morti negli ultimi mesi del 2021. 

 

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