A Canton Mombello 330 persone detenute nello spazio per 185
Quando si parla di sovraffollamento delle carceri italiane Brescia è sicuramente un esempio, non certo virtuoso. Non è il peggiore che si possa fare, ma certamente non da seguire. Sicuramente è uno dei più citati, se non altro per la lunga militanza in vetta alle graduatorie di massima occupabilità degli istituti di pena.
Ai primi di giugno di quest’anno, stando alla rilevazione pubblicata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero di Giustizia, al Nerio Fischione (ai più noto come Canton Mombello) erano detenute 330 persone. Trecentotrenta persone si dividevano lo spazio destinato per regolamento a 185 ospiti. Calcolatrice alla mano siamo ad un tasso di sovraffollamento del 178%.
Al sovrannumero di persone detenute fa da contraltare la carenza di personale che si occupa di loro. Mancano agenti penitenziari, manca personale sanitario, mancano soprattutto mediatori culturali. A mancare è il dialogo, perché manca la comprensione. In carcere, con il 52% di stranieri, il confronto è spesso frustrato da incomprensioni di lingua, cultura e religione. In un luogo in cui non si crede in un solo Dio, nel quale si parla una Babele di lingue, ma per lo più se ne comprende una sola, la vita oltre che ristretta è decisamente spigolosa. Lo è ormai da anni.
Dalla sentenza Torreggiani, con la relativa condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo per trattamenti inumani e degradanti dei detenuti, sono passati dieci anni. Al netto di qualche anno di tregua, si è tornati alla situazione che diede adito a quella e ad altre pronunce di quella natura. Da allora si è investito poco o punto sull’edilizia carceraria e non si è fatto molto nemmeno sotto il profilo delle alternative al carcere.
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