A Brescia ci sono 14mila alloggi sfitti ma molti non riescono a trovare casa

La situazione paradossale è stata presentata al convegno di Sunia Apu. Affitti brevi sotto accusa, sì a pubblico più privato
EMERGENZA ABITATIVA
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Le giovani coppie, le famiglie, gli studenti, i professionisti e i pendolari non trovano una casa in affitto per vivere a Brescia, città dai quasi 14mila immobili sfitti. La situazione paradossale è emersa al convegno «Il diritto all’abitare» organizzato da Sunia Apu, con la Camera del Lavoro di Brescia che ieri ha ospitato una tavola rotonda in sala Buozzi.

A introdurre il tema è il segretario lombardo del Sindacato unitario nazionale inquilini e assegnatari e Associazione proprietari utenti. Pierluigi Albetti invoca un «osservatorio comunale» e biasima la facilità con cui gli alloggi vengono destinati al mercato degli affitti brevi tramite piattaforme come Airbnb, ma anche l’eccessivo peso del privato negli studentati (75%), «con una dinamica di guadagno che vede alcune grandi società incassare tre euro da ogni euro investito». Manca «una seria politica residenziale pubblica», chiesta anche da Mattia Rebessi segretario dell’Unione degli universitari, che descrive Brescia come «la realtà lombarda più virtuosa» ma sottolinea come le trasformazioni recenti rendano necessari diecimila nuovi posti letto.

La portata generale della criticità è illustrata nei suoi interventi di moderazione da Roberto Ragazzi del Giornale di Brescia che incalza i relatori sull’urgenza di un piano nazionale per la casa e una legge quadro di riordino, su misure che non coinvolgano solo famiglie a basso reddito ma anche lavoratori fuori sede e studenti. Per questo è stata citata la petizione del Sunia che dovrebbe essere presentata a inizio 2024 a Camera e Senato, «perché l’attesa per l’assegnazione di un alloggio popolare supera i dieci anni e il 70% degli appartamenti ha bisogno di interventi».

Le risposte

Una delle risposte è, per quasi tutti, la sinergia pubblico-privato. L’assessore alla Casa di palazzo Loggia illustra i numeri del patrimonio comunale: 2.153 unità destinate al Servizio abitativo pubblico e transitorio per Isee fino a 16.000 euro, altri 290 al Servizio abitativo sociale (dai 14.000 ai 40.000 euro). «Nello scorso mandato siamo riusciti a sistemarne 400, con ingenti spese sostenute da soldi pubblici e finanziamenti regionali» ha detto Alessandro Cantoni. Notevole patrimonio che però non è sufficiente a coprire la domanda. E se la scarsità degli appartamenti sul mercato è dovuta «alla paura di fronteggiare situazioni di morosità da parte di tanti proprietari», i numeri in diminuzione degli sfratti non bastano a cambiare mentalità e timori. Il calo va dai 257 del 2018 ai 100 del 2023 (in mezzo la progressione è: 238, 151, 224, 212) ma il fenomeno è solo in apparenza positivo: meno privati disposti ad affittare e meno sfratti.

In più come rileva Piergiuseppe Caldana, presidente di Unioncasa, non bisogna dimenticare che in provincia gli sfratti sono saliti a 747 nel 2022 dai 289 dell’anno precedente (anno pandemico, con regole particolari). «Ora stiamo lavorando a un nuovo canone concordato».

Francesco Bertoli della Cgil lancia una proposta: «Il carico dei minori stranieri non accompagnati che arrivano sul territorio è tutto sulle spalle di Brescia, per 8 milioni di euro». Se ognuno dei 206 Comuni facesse un sforzo, si libererebbero milioni di euro per investimenti sull’emergenza abitativa.

Massimo Deldossi, presidente del Collegio Costruttori, suggerisce strategie: «Vanno abbassati i costi indotti, che incidono sul 30-40% del totale tra progettazione, oneri, autorizzazioni, tasse: da un’idea progettuale ai cantieri passano dai 2 ai 3 anni. E per far rispettare legalità e sicurezza abbiamo chiuso convenzioni con il Comune di Brescia: se il controllo diventa automatico, le amministrazioni possono concentrare le risorse dove c’è più bisogno». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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