Studia le malattie trasmesse dai pesci: bresciano premiato
A pochi giorni dalla conclusione della Cop26, dove si è parlato di clima ma anche di come si stanno trasformando gli ecosistemi terrestri e marini, si moltiplicano gli interventi degli uomini di scienza che verificano giorno dopo giorno le conseguenze dell’azione dell’uomo sugli animali. Tra questi ricercatori c’è anche Vasco Menconi, pontogliese classe 1983, che da anni studia la fauna ittica e che proprio nei giorni scorsi è stato premiato per il suo impegno dal massimo istituto italiano del settore.
Per il secondo anno di fila, Menconi, che è ricercatore dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, ha vinto il secondo premio dedicato alla quantità e alla qualità delle ricerche pubblicate (ben quattro) nel 2020, il «Pietro Ghittino», dedicato agli under 40 dalla Società italiana di patologia ittica (Sipi).
«Lavoro al laboratorio di Acquacoltura, ittiopatologia e biologia degli ambienti acquatici, con una grande passione per la parassitologia - ha spiegato il 38enne -. Sono specializzato in zoonosi ittiche, ossia nelle malattie trasmissibili dai pesci, come per esempio l’anisakis, noto a chi mangia pesce crudo. Sono molto contento di aver ricevuto questo riconoscimento, che va a premiare i frutti di un lavoro più che decennale. Nel corso del tempo ho studiato, e continuo a studiare, laghi, mari e fiumi, dai più celebri ai meno conosciuti».
Ha frequentato il corso di laurea triennale a Cesenatico in Acquacoltura e Ittiopatologia, e poi ha conseguito la laurea specialistica in Biotecnologie animali a Bologna. Tre anni fa, dopo anni come assegnista di ricerca nel capoluogo emiliano, ha vinto un concorso a Torino. «Nel tempo ho svolto ricerche un po’ ovunque e partecipato a decine di congressi sia in Italia sia all’estero - ha continuato -. Prima del Covid viaggiavo tantissimo, soprattutto in Sudamerica, ma con la pandemia si lavora sempre più in laboratorio. Spero di tornare alla normalità, anche perché gran parte delle intuizioni viene dal confronto diretto con ricercatori stranieri».
Tra questi stimoli c’è sicuramente l’indagine sul ruolo delle attività umane nel peggioramento dell’ambiente. «Dalle mie ricerche appare evidente come la causa degli squilibri sia sempre l’uomo e l’impatto delle sue azioni sugli ecosistemi sia devastante. L’antropizzazione di un bacino idrico causa spesso problemi che col tempo vanno peggiorando e su cui bisogna intervenire. Il nostro lavoro non è fine a se stesso ma è volto a fornire informazioni chiare a chi deve assumere decisioni e salvaguardare la natura. Basterebbe vedere la quantità di plastica che si trova nei pesci per capire quanto sia fondamentale agire al più presto per invertire la tendenza».
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