Rsa chiuse il 22 febbraio, «ci hanno costretti a riaprirle»
«Mi angoscia il fatto che se la sono presa con i più fragili che sono quelli che hanno pagato di più. Sin dall’inizio hanno continuato a ripetere che di Covid-19 si ammalavano persone molto anziane, già con altre patologie. Lo dicevano, ma non hanno fatto nulla per fermare i contagi. Non mi importa chi lo doveva fare: io posso solo dire, con moltissimo amaro in bocca, che non ci hanno aiutato».
A parlare è Bruno Guarneri, direttore sanitario delle Rsa di Orzinuovi, Orzivecchi e Barbariga delle Fondazioni riunite della Bassa bresciana che in febbraio ha preso una decisione che avrebbe potuto cambiare il destino di molte persone. Esattamente il giorno dopo la diagnosi del primo caso di coronavirus a Codogno, ha deciso di chiudere tutto. Ovvero, evitare sia i nuovi ingressi di anziani nelle strutture sia le visite agli ospiti di parenti, badanti e familiari. Lo stesso giorno, tutto il personale è stato dotato di mascherine.
La Regione, con un’ordinanza, ha poi «ordinato» di tenere aperto. Ovvero, sì alle visite ai 189 ospiti, seppure di un parente alla volta e sì all’apertura dei Centri diurni delle tre Rsa in cui ogni giorno si recavano trenta anziani.
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