Radio Kiev: «Qualcuno risponderà di questi orrori»
Un ponte tra l'Italia, dove vive, e l'Ucraina, dove è nato e cresciuto. Slava è un uomo di 48 anni che vive nella Bassa Bresciana e che ogni sera si collega con amici e parenti che vivono in città e villaggi sotto gli attacchi dei soldati russi. Ogni giorno, attraverso Slava, parleremo con chi sta vivendo la guerra in prima persona: questo progetto si chiama «Radio Kiev» ed è a cura di Tonino Zana.
Slava fatica a raccontare il colore bianco dei capelli di quel ragazzino che ha assistito allo stupro e all'assassinio della madre da parte di alcuni soldati russi, cede alla notizia di donne impiccate, di bambini uccisi, di anziani torturati. Dice Slava: «Ci sarà bene quel benedetto processo di Norimberga dove qualcuno risponderà, Putin in testa, di queste infamie? Qualcuno spiegherà cosa è accaduto nella mente di quel bambino di 6 anni a cui i capelli sono diventati bianchi come quelli di un anziano dopo tanto orrore».
Ha ascoltato queste storiacce da amici, da amiche, parenti e amici che conosce personalmente: «Un conto è sentirlo alla televisione un altro conto è sentirlo da persone che conosci e sai bene che ti dicono la verità».
I russi, racconta Slava, entrano nelle case isolate, rubano televisioni, computer, scarpe, coltelli, argenteria ogni oggetto possibile. Che cosa se ne faranno mai che hanno alle costole il nostro esercito e tranne che a Mariupol arretrano da tante parti. Kiev è stata liberata in alcuni punti della periferia e adesso Putin si concentra a sud su Mariupol e a sud est su Donbass verso la Crimea. Non c'è crimine bestiale che non sia stato fatto dai soldati di Putin. Entrano nelle case, rubano scarpe, computer, televisori. Non ho voglia di raccontare tutto gli orrori che mi hanno raccontato, non ce la faccio».
Slava racconta quanto starebbe accadendo vicino a Chernobyl dove l'esercito russo è stato per troppo tempo in zone pericolose sollevando e vivendo in spazi dove non doveva vivere e adesso è impegnato a fare firmare documenti agli ucraini civili in cui si dichiara che l'esercito russo si è comportato correttamente.
«Dovete firmare che non abbiamo fatto niente di negativo, sarebbe scritto in un documento che posso inviarvi. Allora viene il sospetto forte che i comportamenti siano stati fuori dal limite e potrebbero accadere delle cose molto brutte. Siamo a Chernobyl non in una terra qualsiasi. Negli ospedali della Bielorussia sarebbero arrivati soldati russi contagiati e a fine vita».
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