Bassa

Radio Kiev, «Dalla mia terra arriva aria di normalità»

Slava vive nella Bassa Bresciana e che ogni sera si collega con amici e parenti
Un soldato ucraino ad un posto di blocco - © www.giornaledibrescia.it
Un soldato ucraino ad un posto di blocco - © www.giornaledibrescia.it
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Un ponte tra l'Italia, dove vive, e l'Ucraina, dove è nato e cresciuto. Slava è un uomo di 48 anni che vive nella Bassa Bresciana e che ogni sera si collega con amici e parenti che vivono in città e villaggi sotto gli attacchi dei soldati russi. Ogni giorno, attraverso Slava, parleremo con chi sta vivendo la guerra in prima persona: questo progetto si chiama «Radio Kiev» ed è a cura di Tonino Zana.

Slava sente un ritorno alla normalità, dice di aver gioito ascoltando la mamma che si è recata in una specie di supermercato e ha trovato tutto, carne, latte, pane, persone ordinate non come i primi giorni dell'invasione quando c'era tanta gente e pochi prodotti sugli scaffali. Slava riferisce che anche il suo amico da Kiev ha potuto comperare tre bottiglie di birra, mentre prima l'alcol era proibito.

«Ho gioito con i miei cari alla notizia di questa aria di normalità nella mia Ucraina. Pensavamo a un colpo di forza da parte dei russi, ma passano i giorni e le truppe nemiche puntano verso il Donbass, se ne vanno da Kiev, cercano di impadronirsi di Mariupol. Ogni prolungamento indebolisce la strategia di Putin e noi ci sentiamo più sicuri. Cambia il vento della guerra. I prodotti si vendono a un prezzo non superiore al 10% e significa che l'economia ha tenuto. La sorella di mia moglie è tornata a lavorare nella bigiotteria, non ce la faceva più di stare a casa. Mi sono chiesto, ma cosa vuoi vendere in un negozio di bigiotteria in questi tempi, e invece c'è mercato, chi ha comperato e chi ha venduto. Mia mamma - ripeto - è stata in casa diversi giorni per il covid, è guarita ed è andata al negozio. ha trovato ciò che cercava e in un clima di quasi normalità. Per noi questi sono i risultati della straordinaria resistenza, del grande coraggio ucraino. Un motivo di gioia e di orgoglio».

Sorride quando conclude con ironia la telefonata: «Certo, non occuperemo Mosca. Ma ci sentiamo forti».

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