Radio Kiev: «Cerchiamo Alexei che combatte ad Azovstal»
Un ponte tra l'Italia, dove vive, e l'Ucraina, dove è nato e cresciuto. Slava è un uomo di 48 anni che vive nella Bassa Bresciana e che ogni sera si collega con amici e parenti che vivono in città e villaggi sotto gli attacchi dei soldati russi. Ogni giorno, attraverso Slava, parleremo con chi sta vivendo la guerra in prima persona: questo progetto si chiama «Radio Kiev» ed è a cura di Tonino Zana.
Dove si trova Alexei, il soldato ucraino combattente ad Azovstal, figlio di un'amica della moglie di Slava, il nostro corrispondente di Radio Kiev, sentito l'altra sera, quando è riuscito a mettersi in contatto, dopo settimane di silenzio e a fare gli auguri di compleanno alla madre?
«Stiamo cercando dove si trova adesso, se tra quelli già usciti da Azovstal o tra quelli ancora "sepolti vivi", che non si arrendono, nelle gallerie dell'acciaieria di Mariupol. Telefoniamo ovunque per conoscere dove sia Alexei e la madre è in uno stato d'ansia estremo. Alexei l'aveva abbracciata da lontano e aveva detto di non essere triste, di non piangere, di essere orgogliosa per la difesa della patria da parte di suo figlio. Non aveva lasciato speranze, anche se come dite voi, la speranza è l'ultima a morire.
Sullo scambio dei prigionieri ci sono molte ombre. Dopo il primo scambio di due giorni fa, il parlamento russo ha votato per dichiarare criminali di guerra i combattenti ucraini di Mariupol. Qualcuno si è pentito del passo fatto, qualcuno non vuole che si continui nello scambio. I comandanti ucraini temono la prigione e la tortura per i soldati ucraini scambiati, anche se la Croce Rossa e l'Onu dovrebbero garantire.
Siamo a un passaggio molto difficile e delicato. Da questi scambi si può comprendere cosa accadrà nelle prossime settimane, se una guerra senza fine o l'apertura piccola di una trattativa. Tre i segnali da considerare: il discorso di Putin il 9 maggio, dai toni bassi, lo scambio di prigionieri e prima la telefonata tra Russia e America, tra gli emissari di Biden e di Putin. Stiamo a vedere».
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