Radio Kiev, cento giorni di resistenza: «Ucraina vera repubblica»
Un ponte tra l'Italia, dove vive, e l'Ucraina, dove è nato e cresciuto. Slava è un uomo di 48 anni che vive nella Bassa Bresciana e che ogni sera si collega con amici e parenti che vivono in città e villaggi sotto gli attacchi dei soldati russi. Ogni giorno, attraverso Slava, parleremo con chi sta vivendo la guerra in prima persona: questo progetto si chiama «Radio Kiev» ed è a cura di Tonino Zana.
Slava conosce bene la storia della nostra Festa della Repubblica, sa che il 2 giugno 1946 l'Italia scelse di essere repubblica invece che monarchia e gli viene da ironizzare sullo stato istituzionale della repubblica Ucraina e della Federazione Russa: «I nomi non bastano, noi siamo repubblica libera, votiamo liberamente e scegliamo i nostri rappresentanti e un bel giorno, una federazione che in realtà è un impero con un imperatore che si chiama Putin ci invade e tanti stanno lì a discutere del presente del passato, se le armi che ci vengono date debbono essere di difesa o di offesa quando noi siamo stati aggrediti e dobbiamo difenderci per non finire massacrati.
L'Italia è libera e democratica e se fosse invasa come siamo stati invasi noi risponderebbe con forza, aiutata dagli alleati dell'Unione Europea e della Nato di cui fa parte. Noi non siamo nell'Europa Unita e non siamo nella Nato, ci opponiamo all'aggressore russo con la nostra resistenza eroica, ma se non ci aiutate ancora di più come possiamo andare avanti mesi e mesi.
Tra poco saremo a cento giorni di resistenza, una lotta inimmaginabile e nessuno avrebbe mai scommesso su una resistenza del genere il 24 febbraio, quando i russi hanno violato i nostri confini e sono entrati in Ucraina.
La propaganda russa e dei non pochi seguaci europei della Russia parla di conquiste delle nostre città, di Severodonetsk sotto il controllo totale dei russi e invece non è vero, così come parlava della conquista di Mariupol due mesi che accadesse. Anche se l'avanzata russa è molto penetrante.
A Kharkhiv, a 40 km dal confine con la Russia, l'esercito ucraino è passato al contrattacco e si è ripreso il terreno perduto, anzi è avanzato oltre. Odessa è ben difesa come Dnipro, città strategica industrialmente e mia madre che era andata lì con un pulmino ad accompagnare una nipote all'ospedale per una visita ha potuto osservare l'ordine delle tante trincee ai bordi delle strade. Kherson è in mani russe e le loro bandiere sventolano ovunque.
I tedeschi ci hanno dato i soldi, li ringraziamo, ma con i soldi non si combatte, le armi loro sono state inviate alla Grecia. Non abbiamo visto neppur eun carro armato tedesco. Ora l'attesa è per i razzi americani.
A noi non resta che combattere e resistere, altrimenti soccomberemo, moriremo».
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