Bassa

Quella volta che un meteorite di 200 kg è caduto in un campo a Alfianello

Era il 16 febbraio 1883. Dopo 140 anni, è ancora il bolide più grande mai caduto in Italia. Pezzi in musei sparsi nel mondo
Frammenti del meteorite di Alfianello nella collezione di un privato - Foto © Maurizio Eltri
Frammenti del meteorite di Alfianello nella collezione di un privato - Foto © Maurizio Eltri
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È ancora, dopo 140 anni, il meteorite più grande mai caduto in Italia. Era il 16 febbraio 1883 alle 14.20 quando un frastuono squarciò il cielo sopra Alfianello, nelle campagne della Bassa bresciana. Il boato, che fece tremare i vetri delle finestre delle case del paese e risuonò fino alle province vicine, fu clamoroso. E non poteva essere diversamente: un bolide di 228 kg cadde in un campo coltivato a trifoglio, lasciando un buco profondo quasi un metro.

Il frastuono

Inizialmente, si legge nel libretto «Dal cielo alla Terra» di Ferruccio Rizzati (stampato nel 1906 e diffuso anche online con il contributo di Maurizio Eltri), si pensò fosse scoppiata una polveriera. Il rumore fu fortissimo, come testimonia anche una lettera autografa dello studioso Domenico Rabajoli indirizzata a Giuseppe Gallia, segretario perpetuo dell’Ateneo di Brescia. Nella missiva si legge che «il filo del telegrafo che da Pontevia va a Ortiano risuonava forte; si sentì una detonazione, come di una gran mina... poi un rumore... come di vagoni roteanti sulle guidovia; allo scoppio o caduta che sia i vetri delle finestre tremarono, vi fu uno spavento nel paese...».

I curiosi

Il primo ad avvistare il meteorite quando ancora era in volo fu Giulio Barbieri, un contadino che stava tagliando la legna a pochi metri dal punto d’impatto. Il suolo tremò, tanto che l’uomo perse l’equilibrio e cadde a terra tramortito, pensando «si subissasse il creato». Sempre nel libello di Rizzati, si riferisce che il testimone oculare raccontò di aver visto una massa cadere dal cielo, seguita da un pennacchio di fumo. Altri abitanti di Alfianello affermarono di aver visto «una lieve commozione nel sottile strato di nubi». Nel giro di pochi minuti il campo fu invaso da una folla di curiosi, che in un primo momento ebbero paura di avvicinarsi.

Sempre Rabajoli scrive che i primi arrivati «non si arrischiarono a toccarlo così subito pel timore di uno scoppio». I più coraggiosi poi si misero a scavare per allargare la buca e scoprire cosa conteneva: un enorme masso di due quintali, con la superficie ancora calda. Ben presto sopraggiunsero gli affittuari dell’appezzamento di terreno, che - allarmati dalla gente che stava pestando il futuro raccolto - iniziarono a fare a pezzi il masso con delle spranghe di ferro.

Un frammento del meteorite di Alfianello - © www.giornaledibrescia.it
Un frammento del meteorite di Alfianello - © www.giornaledibrescia.it

Quest’ingenuità compromise per sempre la possibilità di far analizzare il meteorite agli esperti nella sua interezza, per questo non si hanno notizie esatte sulla forma originaria. Gli studiosi, arrivati sul posto dopo poche ore, concordano però nel dire che avesse «una forma irregolarmente conoide».

Il pietrone fu fatto a pezzi: il prof. Luigi Bombicci, direttore del Museo mineralogico di Bologna, testimoniò che un grosso frammento di almeno 30 kg fu gettato in un torrente da un contadino stanco di portarselo sulle spalle. Gli altri piccoli frammenti finirono invece nelle tasche e nei cassetti dei presenti al ritrovamento.

Com’è fatto (e quanto vale)

Un dettaglio del meteorite caduto ad Alfianello - © www.giornaledibrescia.it
Un dettaglio del meteorite caduto ad Alfianello - © www.giornaledibrescia.it

L’enorme meteorite era coperto da una crosta scura e rugosa, ancora calda al momento dell’impatto con il suolo, ricca di cavità. All’interno, la massa era grigiastra e punteggiata da minuscole particelle luccicanti di ferro. «Qua e là - prosegue Rizzati - si scorgevano geodine (rocce magmatiche ricoperte di cristalli ndr) color bronzo e con il nucleo argenteo». Tantissime le sostanze chimiche contenute nel bolide: silice, magnesio, ossido ferrico, fosforo, sodio, cobalto, rame, nickel, manganese, alluminio, calcio e potassio.

In tutto il mondo

I frammenti furono venduti a prezzi altissimi dai contadini che se li erano accaparrati. Gli acquirenti furono semplici curiosi, collezionisti privati, ma anche accademici e curatori di musei. Il prof. Bombicci da solo ne comprò circa 25 kg.

Un pezzo di bolide nella vetrina di un museo - © www.giornaledibrescia.it
Un pezzo di bolide nella vetrina di un museo - © www.giornaledibrescia.it

Ad oggi i pezzi del «sasso spaziale» sono custoditi in diversi musei e università nel mondo. Per la precisione, i frammenti sono così distribuiti: uno da 12,7 kg al Museo di storia naturale di Berlino, uno da 5 kg al Museo civico di scienze naturali di Brescia, uno da 6,5 kg al Field Museum di Chicago, uno da 206 g al Museo di storia naturale dell'Università degli Studi di Firenze, uno da 765 g all'Università di Harvard e uno da 3,5 kg ai Musei Vaticani, uno da 928 g a Bologna, uno da 5 kg a Budapest, uno da 1,5 kg a Copenaghen, uno da 169 g a Dublino, uno da 3 kg a Milano, uno da 1,5 kg a New York, uno da 1 kg a Parigi, uno da 7,5 kg a Roma e uno da 680 g a Washington.

Il resto? Pare che piccoli pezzulli siano finiti anche su eBay e si parla di blocchetti da 20 g piazzati a duemila dollari.

Il ricordo

Il monumento di Stefano Gatti nel giardino del municipio di Alfianello - © www.giornaledibrescia.it
Il monumento di Stefano Gatti nel giardino del municipio di Alfianello - © www.giornaledibrescia.it

Il Comune di Alfianello tiene viva la memoria della caduta del meteorite con convegni e pubblicazioni. Dal 2019, inoltre, nel giardino davanti al municipio c'è un'installazione dell'artista Stefano Gatti: raggi metallici che spuntano da un masso poggiato a terra.

Lo storico caseificio Eredi Bonetta di Alfianello, che nel 2022 è stato acquisito dalla Cooperativa produttori latte di Torre Pallavicina (con sede nell’omonimo comune bergamasco), è sempre stato conosciuto come Caseificio Bolide. Il nome fu dato in onore del meteorite che cadde proprio in un campo di proprietà della famiglia fondatrice. In paese, anche un'officina porta lo stesso nome.

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