Bassa

Presunti «furbetti del cartellino», chiesta l’archiviazione

Secondo il pubblico ministero il fatto contestato ai 3 dipendenti comunali «non costituisce reato»
I tre dipendenti scaricavano i camion al teatro Bonoris - © www.giornaledibrescia.it
I tre dipendenti scaricavano i camion al teatro Bonoris - © www.giornaledibrescia.it
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«Rilevato che l’attività di facchinaggio non era formalmente autorizzata e, convenzione alla mano, non era autorizzabile; ritenuto che, tuttavia, l’atteggiamento non proprio lineare del responsabile di posizione organizzativa possa avere ingenerato negli indagati la convinzione di agire lecitamente, tanto lo stesso ratificava gli straordinari, chiedo che il giudice per le indagini preliminare voglia disporre l’archiviazione del procedimento, perché il fatto non costituisce reato».

Con queste parole il pubblico ministero Ambrogio Cassiani ha messo un punto fermo sull’indagine che aveva avuto come oggetto la posizione di tre dipendenti del Comune di Montichiari, ora reintegrati: Adriano Belleri, Francesco Carrara e Danilo Caprioli, finiti nel registro degli indagati con le accuse di truffa, falsa attestazione e peculato.

Secondo l’accusa, tra novembre e febbraio Belleri e Carrara avevano in più occasioni timbrato il cartellino per poi lasciare il posto di lavoro e andare a scaricare i camion delle compagnie teatrali che la sera si sarebbero esibite al teatro Bonoris. Carrara e Belleri avrebbero anche utilizzato per gli spostamenti, ritenuti a fini personali, gli autocarri di proprietà del Comune di Montichiari. Il tutto avveniva, secondo la ricostruzione a suo tempo fatta dagli investigatori, con il placet del responsabile degli operai, che aveva avallato la richiesta presentata dal personale del teatro.

Ora la richiesta di archiviazione, avanzata dal pubblico ministero «perché il fatto non costituisce reato». «Ritengo molto importante - commenta il sindaco Mario Fraccaro - che la Procura abbia fatto chiarezza in tempi veloci. Rimane il rammarico per come questo genere di notizie siano abitualmente gestite sui social network, diventando terreno fertile per commenti e giudizi lapidari, lanciati sulla base di notizie abbozzate. A questo si aggiunge una mancanza di riservatezza sui dati personali. Ci si arroga il diritto di giudicare a priori, sostituendo la legge e anticipandone i tempi. Non soltanto si è perso di vista quel concetto fondamentale che è la presunzione d’innocenza, ma si è perso soprattutto il rispetto per l’altro».

 

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