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Nel manoscritto di Levi i fratelli Lusena uccisi dai nazisti

Abitavano nella «Colonia agricola» di Remedello protetti dai piamartini. Finirono nei campi di sterminio
Al Bonsignori, Piero  è il terzo da destra in basso - © www.giornaledibrescia.it
Al Bonsignori, Piero è il terzo da destra in basso - © www.giornaledibrescia.it
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È prossimo il 76° anniversario dell’arresto dei Lusena, padre e due figli, ebrei che vivevano tra le mura della «Colonia Agricola» protetti dai padri piamartini e dal parroco don Germano Germani. La loro cattura, avvenuta il 20 dicembre 1943, aveva fatto scalpore trattandosi di uno dei rari casi di «delazione» (come per i denari di Giuda) avvenuti nel Bresciano dopo l’inasprimento delle «leggi razziali» a seguito dell’8 settembre 1943. Professore. Dall’anno scolastico 1942 vivevano a Remedello; Pietro Lusena, dottore in chimica, era nel corpo docente del «Bonsignori» e in una foto di gruppo, è seduto in prima fila (terzo da destra in basso) vicino al direttore Michele Cappellazzi e all’allora «chierico» padre Mantovani.

La loro storia era già nota ma di recente è stato trovato un testo di Primo Levi in cui i fratelli Lusena sono presenti con l’autore (uno dei pochi sopravvissuti ad Auschwitz) ed elencati di suo pugno tra i deportati -complessivamente 489 - nei 12 vagoni che componevano il convoglio 8 partito il 22 febbraio 1944 dal campo di Fossoli diretto ad Auschwitz e «selezionati» per lavorare nella fabbrica di gomma sintetica «Buna» di Monowitz. 

La vita dei fratelli Lusena si è conclusa tragicamente: Pietro, classe 1918, è morto a Dachau il 1° maggio 1945, Silvio, classe 1920 a Buchenwald il 18 febbraio 1945. Del padre Said, classe 1888, non è stata trovata traccia, sicuramente finito nelle camere a gas non essendo ritenuto una forza lavoro per l’età. Said Lusena è inserito nell’elenco degli ebrei nel cimitero ebraico di Livorno e nella targa dei deportati toscani a palazzo Medici-Riccardi di Firenze. I tre Lusena sono ricordati nel museo Yad Vashem di Gerusalemme tra gli ebrei eliminati dai nazisti. In manette.

Nel libro «La capitale della Rsi e la Shoah» di Marino Ruzzenenti, edito nel 2006, è citato invece il verbale di arresto da parte dei carabinieri di Remedello su ordine della questura di Brescia: nessun bene nella loro abitazione, nelle loro tasche 803,30 lire; si dice fossero pronti per fuggire in Svizzera. Carcerati prima a Montichiari, poi a Brescia e poi nel campo di Fossoli per essere destinati il 22 febbraio 1944 ai campi di sterminio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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