Morto in canoa: il difficile rientro di Gianni
La famiglia alle prese con la burocrazia. Sullo sfondo, quel desiderio che il canoista un giorno confidò a un amico
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Un dramma che viene acuito dalle difficoltà, dalla quasi impossibilità di comunicare. E così per la famiglia di Gianni Zanardello, roncadellese morto in Nepal in un incidente a bordo del suo kajak, non c’è neppure il tempo delle lacrime, con il dolore che entra nel frullatore della burocrazia. Quella complessa burocrazia, gestita con il tramite di consolato e ambasciata, che bisogna affrontare per riportare a casa il corpo.
Per ora l’unica drammatica certezza per la famiglia e gli amici è una morte improvvisa, avvenuta in un fiume nella lontana Asia, a bordo di quella canoa che per Gianni era la passione della vita.
L’esatta dinamica dell’incidente probabilmente non la si conoscerà mai. Per la moglie Pierangela, oltre alla sofferenza, ora c’è la gestione pratica del dramma, dolore su dolore. I tempi non saranno certo brevi, le scelte da prendere tutt’altro che facili.
Gianni non era in Nepal per caso, l’Oriente lo affascinava sempre di più. E aveva confidato ad un amico il desiderio che le sue ceneri, un giorno, venissero sparse proprio in Nepal. Un desiderio sul quale ora si deve riflettere.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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