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Martino Turotti e il patire sorridendo

Orzinuovi piange il pittore Martino Turotti. Lunedì i funerali. Sabato 22 settembre viene confermata la mostra antologica a lui dedicata.
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Pativa, sorrideva, dipingeva. Martino Turotti, 63 anni, padre di Pablo e marito di Rosa - le sue grandi intimità medicamentose, i suoi veri colori, le sue autentiche ispirazioni, Rosa e Pablo -, se ne è andato ieri mattina a Orzinuovi, il posto della sua storia. Non è mai stato fisicamente bene per una vita intera e non è mai stato male per una vita intera. Si era allenato, tramite l'amore della moglie, del figlio e della madre Paolina, tramite l'amore della sua banda sempiterna di amici a rinviare il lamento, a cancellarlo in cambio di un sorriso insieme, di un'ispirazione maggiore sulla tela.

Lo saluteremo, subito, almeno due volte: lunedì 17 settembre alle 8,45, seguiremo i funerali, dalla cascina Arciprebenda alla chiesa. Sabato 22 settembre, alle 18, gli amici, gli estimatori di una sua arte poderosa, lo saluteranno, come si deve e come era previsto, alla mostra pronta a palazzo Martinengo di Villagana. Mostra accompagnata da uno splendido e amorevole catalogo di Roberto Consolandi, amico, docente e critico d'arte.
Pensate di quanta ironia del destino è intrisa la data della sua morte, accaduta una settimana prima della festa per la mostra Antologica. Pensate, pure, amici orceani, quanta inossidabile amicizia, in cui la vita batte la morte, si infonde per le nostre arie paesane, decidendo di andare tutti, con le lacrime agli occhi e con il sorriso, alla festa sua e nostra della mostra della vita, a questa bella mostra, il sabato che verrà, il 22 settembre, a palazzo di Villagana.
Martino, (Tino), pativa, sorrideva, dipingeva. Gli abbiamo voluto un gran bene e la stima per i suoi quadri è liberissima da ogni aspetto compassionevole. Era e rimane bravo. Era e rimane buono. I patimenti ricevuti in vita libereranno migliaia di anime in purgatorio e renderanno ognuno di noi più attento alla sua storia e meno disponibile alle proprie sciocchezze.

La storia di Martino è semplicemente eroica. Un altro, al suo posto, si sarebbe lasciato andare. Per quale motivo, avrebbe potuto dire, duro e chiaro, al suo Signore, io, a 8 anni, dovevo cadere da quattro metri con la testa in giù, là, alle case dei Vigili del Fuoco, su un davanzale maledetto, battere e finire in coma per mesi, subire decine di operazioni chirurgiche per decenni, fabbricare le ore della mia vita tra dolori e speranze, subito accese e subito smorzate? Perchè, Signore di tutti i cieli, perchè, i miei amici della seconda classe elementare, dovevano piangere ascoltando la maestra Lucia Piraino entrare in classe e dire che io ero morto? E perchè quei fiori che adesso la maestra deponeva nel terzo banco vicino al muro dovevano essere il mio addio e la vostra prima preghiera triste?
Perchè, caro Signore, dovevo infine «resuscitare», andare e venire dalle sale operatorie, mentre i miei amici correvano all'Oglio e nel campo dell'oratorio, si pestavano di santa ragione e facevano pace senza pericoli?

Martino ha patito, sorriso e dipinto. Un sorriso largo, schioccante, suo padre Mario era così, spiritoso di carattere e lui ha espanso di dolcezza questa maniera di vivere la vita nella piena potenza dell'uomo semplice, indisponibile a pesare sugli altri, generoso nel mostrare i paesaggi della nostra terra e, discretamente, le figure della famiglia e degli affetti.
Tra i molti dipinti, uno descrive notturnamente i passi della convalescenza, la pausa esistenziale da lui frequentata avanti e indietro: un paese dorme ed è unito sotto la luna piena. Il paese è di tre quattro cinque case: lui, Rosa, Pablo, la madre Paolina, gli amici. Roberto, tu devi essere nel centro del paese, nella nostra via Galilei, uguale per te e per me, e distante dalla prima caduta di Martino, dalla casa dei Vigili del Fuoco, non oltre 200 metri. Per Orzinuovi, Martino rimane l'anima buona nell'estro di un pittore vero, il resistente al dolore e allergico all'ordito gramo della vita. Martino Tino è anche un verso di poesia pulita di un amico: «Non passi, Tino/, rimane il sorriso sul patire/, le carezze di Rosa e di Pablo sui tuoi occhi chiusi».

Martino, infine, è la nostra festa di lunedì e di sabato prossimo, con quella profezia dedicata a Roberto Consolandi. «Vedrai, Roberto, la mostra la farete. Io ci sarò e non ci sarò...». Rimanda a uno scritto di Tino, vicino a un disegno nel 1978, poetica di una vita: «Mentre voi leggerete queste righe io sarò da poco padre/e da poco avrò dimenticato tutti per lui e per lei».
Tonino Zana

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