Maltratta la figlia, dà fuoco alla moglie: «Aveva l'amante»
Botte, insulti e fiamme. Tutto contro la moglie, accusata di tradimento e quindi ritenuta indegna. E poi i maltrattamenti alla figlia che si era ribellata al matrimonio combinato al quale la sua famiglia la voleva costringere.
Sono gli elementi della storia di un padre padrone approdata in un’aula di tribunale. Imputato un 58enne indiano, da 32 in Italia, ma una scarsissima conoscenza della nostra lingua. È accusato di tentato omicidio, lesioni e violenza privata.
Dal 27 febbraio di due anni fa non può avvicinarsi all’ex moglie, connazionale, 22 anni più giovane, al quale lui stesso aveva dato fuoco la sera del 20 ottobre.
«Non è vero, ha fatto tutto da sola. Si è versata la benzina addosso per allontanarmi da casa», ha raccontato l’uomo ascoltato dai giudici della corte d’assise.
Per l’accusa però è stato lui ad appiccare il fuoco e le fiamme hanno raggiunto la giovane moglie solo fino al ginocchio, per l’intervento di una terza persona che da alcuni mesi viveva in casa con la coppia e i due loro figli. A salvarla è stato l’inquilino di 27 anni. Un nipote, secondo la donna, l’amante di lei, stando al racconto del marito.
Per il pm Eliana Dolce il piano era chiaro: uccidere la moglie per gelosia. Non ci è riuscito. Lei lo ha denunciato, e l'uomo, mesi dopo, l’avrebbe costretta a calci e pugni, a ritirare la denuncia, trascinandola dai carabinieri di Rudiano.
Prima della notte delle fiamme, le aveva anche rotto il naso nel corso di una lite furiosa. «È vero qualche volta l’ho picchiata, ma lei mi tradiva» ha spiegato.
Solo pochi giorni fa la coppia è stata condannata a due anni con pena sospesa. Entrambi, psicologicamente e fisicamente, avrebbero maltrattato la figlia più grande dell’uomo. L’avrebbero voluta vedere sposare l’uomo che loro avevano scelto per lei, nel più classico dei matrimoni combinati secondo la tradizione indiana. Nonostante 32 anni di vita in Italia e la cittadinanza acquisita ormai da tempo.
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