Bassa

La vedova Raccagni in Senato «Per la certezza della pena»

La battaglia di Federica Pagani non si ferma e oggi fa tappa a Roma, sala Nassiriya, in Senato
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Ha invocato giustizia e in parte l’ha ottenuta perché chi ha ucciso il marito è stato condannato. «Ma non basta». Per questo la battaglia di Federica Pagani non si ferma e oggi farà tappa a Roma, sala Nassiriya, in Senato. 

«Lo Stato si muove» dice la vedova di Pietro Raccagni, il macellaio di Pontoglio colpito alla testa da una bottiglia scagliata da una banda di albanesi entrati in casa sua nel luglio 2014 e morto dopo 11 giorni di agonia in ospedale.

In Senato Federica Pagani sarà al tavolo dei relatori per la presentazione del disegno di legge per la revisione dell’art. 52 del codice penale sulla legittima difesa. «Mi è stato garantito che sarà creato un fondo per le famiglie delle vittime di reati gravi» spiega la donna, sempre presente in tribunale nel corso delle udienze contro la banda di rapinatori diventati assassini.

La legittima difesa e le norme per il risarcimento delle vittime dei brutali assalti a scopo di rapina saranno al centro del processo di revisione dell’articolo 52 del codice penale.
«Lo Stato italiano - è il pensiero del senatore Giovanni Mauro, firmatario del ddl - non riesce a tutelare e a risarcire i propri cittadini, prendiamone atto e agiamo per risolvere una stortura che ha portato anche la Corte di Giustizia Europea a condannare l’Italia per il mancato risarcimento alle vittime di crimini violenti».

La vedova Raccagni guarda alla vicenda che ha distrutto per sempre la sua famiglia, ma non solo. 
«Non ho ricevuto un solo euro di risarcimento e mai lo riceverò, ma nella sfortuna ho avuto la fortuna di avere già due figli grandi. Ma chi si trova a vivere lo stesso dramma alla presenza di bambini piccoli, che fa?» si chiede la donna che si dà anche una risposta. «È rovinato per sempre. Per questo l’articolo 52 deve cambiare e garantire un sostegno». 

Per la morte di Pietro Raccagni sono stati condannati tutti i componenti della banda entrata in azione l’otto luglio 2014. La pena più alta è stata per Ergren Cullhaj, 13 anni, così come Pjeter Lleshi, mentre Vitor Lleshi, che materialmente avrebbe colpito Raccagni, è stato condannato a 12 anni. La pena più bassa, 10 anni e 10 mesi è per Luli Erion. «Pene troppo basse. Forse avremmo dovuto avere un’arma per difenderci. Avrei preferito un cattivo processo che un bel funerale» tuonò Federica Pagani alla lettura della sentenza.
«Nessuno mi ridarà mio marito - dice oggi - ma almeno lo Stato si sta muovendo per cambiare le leggi a favore di chi si trova a vivere un dramma come il mio». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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