La sua storia da deportato nelle pagine del quaderno nascosto e poi ritrovato
«25 settembre: ci hanno dato una pagnotta in quattro e un po’ di carne in scatola, e si prosegue, bisogna fare tutto sul vagone rinchiusi come cani alla catena». «27 settembre: primo giorno di prigionia in campo di concentramento (quello di Ebenrode, ndr) primo rancio, un po’ di brodo e un pane nero di 13 etti in sette persone, la fame incomincia a farsi sentire ancora di più». «1 novembre 1943: incomincia il lavoro alle officine di Bochum. Come bestie al raduno ci assegnano un po’ per porta a vari lavori». Così Guido Salami descriveva sul suo diario il suo status di prigioniero durante la guerra.
Nato a Gambara nel 1913, deportato e qualificato come «lavoratore», visse sulla sua pelle l’orrore tremendo del nazifascismo, trasformandolo in minuziose note su un quaderno. Quaderno di cui non parlò mai ai propri figli, che ne scoprirono l’esistenza solo grazie alla propria madre. Adesso i ricordi di Guido sono quelli «di tutto il paese».
La pubblicazione
L’archivio storico gambarese «Attilio Piccardi» ha infatti dedicato un capitolo del 32esimo numero dei Quaderni Gambaresi proprio alla trascrizione del diario, accompagnata da fotografie documenti storici. Ciò grazie anche alla disponibilità dei figli del signor Salami che hanno messo a disposizione di tutti questa testimonianza. «Il diario racconta la prigionia del papà nei campi di concentramento, tra lavoro, fatica e fame - hanno detto due dei figli di Guido, Ezio e Silvio, alla presentazione del 32esimo Quaderno Gambarese -. Sappiamo anche che, nei campi, è stato salvato due volte da un signore di Gussago che venne a trovarlo qui l’anno prima che morisse: per gli stenti e la debolezza conseguente, in queste due occasioni, temette di non riuscire a svolgere il lavoro che gli era stato assegnato, ma quell’uomo lo aiutò. Quando si rividero, si abbracciarono con commozione. Eppure papà non ci ha mai parlato di questo diario. Dopo la sua morte, risalente al 1969, ce lo ha mostrato la mamma e ne siamo quindi venuti a conoscenza. Per conservarlo integro, noi stessi, in famiglia, ne abbiamo fatte alcune copie».
«Nel diario è presente anche una composizione in rima, trascritta dal signor Guido e riportata anche nel Quaderno Gambarese - spiega Alberto Zanetti Lorenzetti, dell’Archivio storico gambarese -. Raccoglie i pensieri dei militari italiani. Riteniamo questo diario una testimonianza importante e abbiamo voluto riportarlo perché troviamo fondamentale far conoscere ai nostri giovani quanto accaduto durante la Seconda guerra mondiale».
L’Archivio storico ha dedicato inoltre alcune pagine al ricordo di altri gambaresi internati in campo di prigionia durante la guerra: «Sono pagine importanti, specialmente per i nostri giovani che, leggendo la testimonianza diretta di un gambarese come noi possono conoscere la nostra storia» ha commentato, durante la presentazione del Quaderno, la sindaca Tiziana Panigara, esprimendo la speranza che la missione fondamentale dell’Archivio storico gambarese sia portata avanti da giovani.
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