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La storia del brigadiere che salvò due sorelle ebree a Pontevico

Nell'inverno del 1943 Giuseppe Ippoliti e la moglie Teresa Zani nascosero due ragazze dai nazisti. Ieri il premio «Giusti tra le Nazioni»
  • Il brigadiere Giuseppe Ippolito e la moglie Teresa Zani
    Il brigadiere Giuseppe Ippolito e la moglie Teresa Zani
  • Il brigadiere Giuseppe Ippolito e la moglie Teresa Zani
    Il brigadiere Giuseppe Ippolito e la moglie Teresa Zani
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«Il carabiniere Giuseppe Ippoliti e sua moglie Teresa Zani hanno salvato la vita a me e a mia sorella. Sarò sempre grata a queste due persone speciali». Edith Fischhof ha 98 anni, una salute di ferro, una lucidità invidiabile e alle spalle una storia straordinaria. «Peppino e Teresa misero a rischio la loro vita senza nulla in cambio. Ci hanno coperto per un anno intero, dicendo che eravamo cugine sfollate da Viterbo».

È così che le due sorelle ebree Edith e Trude, fra l’inverno del 1943 e quello del 1944, sfuggirono ai nazifascisti, protette a Pontevico dalla coppia di coniugi. Prima le ospitarono nella loro casa di Chiesuola, poi convinsero le suore Angeline - con le quali intrattenevano buoni rapporti - a dare loro rifugio. Perciò il brigadiere Giuseppe Ippoliti e Teresa Zani stati dichiarati «Giusti fra le Nazioni», l’onorificenza che lo Stato di Israele conferisce a chi - negli anni dell’Olocausto, si prodigò per salvare gli ebrei.

A battersi per il riconoscimento di questo titolo è stata per anni Edith. La cerimonia si è svolta ieri mattina in una scuola di Latina. Peppino, infatti, era originario di Sonnino, in quella provincia. Lui è morto nel 1974, la moglie Teresa nel 1990. Entrambi sono sepolti a Pontevico, dove vissero dal 1942, dopo il congedo del brigadiere dall’Arma. Si erano sposati nel 1936. Non ebbero figli.

La cerimonia

Il conferimento del premio Giusti fra le Nazioni
Il conferimento del premio Giusti fra le Nazioni

La pergamena è stata consegnata dall’ambasciatore di Israele, Dror Eydar, al pronipote Paolo Ippoliti (suo nonno era fratello di Giuseppe), come il parente più vicino alla coppia. Ospite d’onore una commossa Edith Fischhof. Subito dopo la guerra se ne andò dall’Italia con la sorella e i genitori, che si erano rifugiati in Svizzera. «Per tanti anni misi in un sacco quello che era successo e lo chiusi per dimenticare», racconta. «Ho cancellato il mio passato per vent’anni. Poi ho sognato Peppino che mi chiedeva se stessi bene. Mi sono svegliato è ho capito che non avevo mai detto grazie. Aveva rischiato la vita - continua - per due ragazze che conosceva appena. Allora ho deciso di riparare. Ed eccomi qui».

La storia

La storia comincia nel 1935, quando la famiglia Fischhof lascia Vienna per paura del nazismo. Si trasferisce in Italia, a Fiume, dove papà Richard riprende la sua attività di sarto per l’alta moda. Nel 1938 le prime persecuzioni per le leggi razziali, nel 1940 il confino a Viterbo e poi l’internamento nel campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia (Cosenza). Un inferno, fino al 1942. Grazie alle pressioni del Vaticano, la famiglia viene inviata in regime di «internamento libero» in Val Brembana. In quell’anno il brigadiere Giuseppe Ippoliti comanda la stazione dell’Arma di Casazza, nella Bergamasca. Le due famiglie si conoscono, si frequentano, si stimano. In ottobre Peppino viene congedato e si appresta a tornare nel paese della moglie, a Chiesuola. Durante l’ultimo incontro consegna a Richard un foglietto con l’indirizzo. «A voi è stata fatta una ingiustizia terribile, siete una bella famiglia e io sono pronto ad aiutarvi», gli dice. «Se sarete in pericolo potere rivolgervi a me, che farò di tutto per aiutarvi». Così sarà.

L'inverno del 1943

Nell’inverno del 1943 la morsa nazifascista sugli ebrei si stringe ancora. Richard e la moglie Berta rischiano l’espatrio e raggiungono la Svizzera. Edith ha 20 anni, la sorella Trude 22. Conoscono l’italiano, possono tentare di nascondersi nel Paese che prima le ha accolte e poi discriminate. Si affidano alla promessa di Peppino. Quando, una sera, bussano alla sua porta, il brigadiere non si scompone: «Ecco le mie cuginette sfollate da Viterbo a causa dei bombardamenti», grida per farsi sentire dai vicini perché non nutrano sospetti. Ma i rischi sono troppi per tutti. Edith e Trude, grazie all’interessamento di Peppino e Teresa, trovano ospitalità alla congregazione delle Angeline a Pontevico. Non è finita. In paese arrivano le SS: un ufficiale è stato fidanzato a Vienna di Edith. Il pericolo si moltiplica: è ancora Peppino Ippoliti a convincere le Angeline a tenersi le due sorelle. Fino a quando si separano, andando in città diverse.

Peppino si unirà poi alle Fiamme Verdi. Catturato dai nazisti verrà liberato dai compagni prima di finire fucilato.

Alla cerimonia di ieri ha partecipato anche il sindaco di Pontevico, Alessandra Azzini. «È stata una grande emozione», commenta. «La testimonianza di Edith è straordinaria».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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