La mucca tricolore impiccata a lato della A4 è stata tolta
C'era una volta una mucca tricolore che penzolava a fianco della A4. Era impiccata in compagnia di un maialino, finto pure lui, ai margini di un'azienda agricola che si trova all'altezza del chilometro 230 dell'autostrada più trafficata d'Italia, tra le più battute d'Europa. Rimanendo appesa per una decina d'anni era diventata a suo modo famosa oltre i confini di Ciliverghe: se scrivete su Google «mucca tricolore impiccata» la ricerca si completa da sola.
L'installazione, obiettivo nel 2012 di un blitz animalista con striscioni sobri del tipo «allevatori di morte, vi auguriamo la stessa sorte» adesso è sparita.
«Una scelta aziendale – spiegano dalla Gallina Sereno -. L'avevamo messa con Copagri per protestare contro le quote latte, ma ormai non serve più, la politica non ha fatto nulla per noi». Addio quote latte, tolte nel 2015, addio mucca. «Ora è in un magazzino, non so nemmeno io dove», dice Angelo Gallina, uno dei figli del fondatore dell'azienda nata nel 1961.
In realtà la storia del sistema di regolamentazione della produzione di latte nell'Unione Europea, iniziata nel 1984, non è ancora conclusa. Almeno, non per l'Italia. Come ha spiegato Emanuele Bonini sulla Stampa lo scorso luglio, secondo l'avvocato generale della Corte di giustizia della Ue, Eleanor Sharpston, il nostro paese è inadempiente e va multato.
Perché? Semplice: tra il 1995 e il 2009 lo Stato ha pagato le multe per la produzione eccedente di latte, senza però rivalersi sui produttori responsabili. Il costo complessivo delle sanzioni è stato di 2,3 miliardi di euro e per la Corte ne restano da recuperare ancora 1,3 miliardi. Il costo complessivo per le casse pubbliche è stato più alto, dato che tra il 1984 e il 1995 l'Italia ha pagato multe per altri 2 miliardi di euro. Come ha raccontato Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, nel 2013 la Corte dei Conti stimava un danno di 4,5 miliardi, 75 euro per ogni italiano, compresi i neonati.
Il rischio di ulteriori sanzioni da parte della Ue chiama in causa anche l'operato di Luca Zaia, attuale presidente della Regione Veneto, in qualità di ministro dell'Agricoltura. Fu lui, con la Lega Nord che aveva sposato la causa della protesta contro le quote, a privare Equitalia del potere di riscossione nei confronti degli «splafonatori», di coloro i quali non rispettavano cioè i vincoli europei, consentendo anche pagamenti rateali ai produttori. Scelte che per la Ue hanno portato l'Italia a non raccogliere quanto dovuto.
Contro le quote le proteste sono sempre state plateali e di impatto mediatico, lo scorso gennaio si è celebrato addirittura il ventennale dell'inizio della battaglia degli allevatori riuniti nei Cobas del latte, con la marcia dei trattori a Linate. Ora la vicenda è scivolata in secondo piano: finite le quote, resta il libero mercato con lo spettro di nuove sanzioni europee per l'Italia. Mentre il problema cruciale del settore resta, per dirla con uno studio di Paolo Sckokai, dell'Università Cattolica di Piacenza, la volatilità dei prezzi che mette in difficoltà i produttori. La mucca tricolore può starsene in un magazzino, ma il tema non è di certo archiviato.
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