La collinetta spazzata dal vento con la croce di Manolo
Eccola la tomba di Ljubisa Vrbanovic. Una croce di legno piantata in un lembo di terra serba, a Ilicevo, frazione di Kragujevac. Su una collinetta spazzata dal vento, i caratteri cirillici incisi nel legno che spicca tra le tombe marmoree del piccolo cimitero sembrano tradursi nella parola fine per un incubo che dura da 27 anni. Da quando Manolo, il bandito dagli occhi gialli agli atti appunto Ljubisa Vrbanovic, uccise 4 dei 5 componenti della famiglia Viscardi a Torchiera di Pontevico.
La sua morte, in un ospedale carcerario serbo, dichiarata dalle autorità del Paese balcanico risalente al 2013, non aveva però fino ad ora trovato riscontro materiale. Della tomba di Manolo, insomma, nessuno aveva contezza.
A indicare dov’è sepolto l’uomo e a condurre a quella croce il collega Pierpaolo Prati del Giornale di Brescia è stata Violetta: una giovane che dal tam tam mediatico sul fantasma di Manolo ha scoperto che Ljubisa Vrbanovic era suo padre. La madre Biskra, 55 anni, le aveva tenuta nascosta questa verità non sapendo come dirle che doveva la vita ad uno spietato assassino. E’ lei ora che chiede di conoscerla fino in fondo la verità, e offre il suo Dna per un confronto che possa attestare una volta per tutte che chi è sepolto in quel piccolo campo santo è davvero Manolo, come tutti ancora lo ricordano nello stesso villaggio serbo in cui nel 95 fu catturato dagli agenti in assetto antisommossa per scontare i 40 anni. Il suo fantasma ancora vaga tra quelle tombe. Come l’urgenza di una verità aleggia ancora a Torchiera: Guido Viscardi, unico sopravvissuto chiede di sapere se chi ha sterminato la sua famiglia è davvero morto.
Il paradosso è che proprio la figlia di quell’uomo ora sembra dargli un inatteso spiraglio per chiudere una storia lunga oltre un quarto di secolo. E dare pace per sempre a chi riposa in altre quattro tombe.
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