Bassa

Indagini sulla rapina violenta, ma le telecamere non funzionano

Gli inquirenti non hanno potuto usare le immagini della videosorveglianza di Ghedi. Il procuratore capo Buonanno: «No alla giustizia fai da te»
Carabinieri a Ghedi dopo la rapina in casa Scalvini - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Carabinieri a Ghedi dopo la rapina in casa Scalvini - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Nessuna risposta dalle telecamere perché le telecamere non funzionano. Un buco nero nel caso dell'aggressione violenta ai danni di Francesco Scalvini, il 37enne ricoverato da una settimana in terapia intensiva alla clinica Poliambulanza dopo che uno dei malviventi della banda in fuga gli ha conficcato un cacciavite in testa. 

«Confermo, la videosorveglianza non è in funzione - ha detto il sindaco di Ghedi Lorenzo Borzi -. Metteremo mano come già avevamo deciso prima del fatto di cronaca». 

Le telecamere avrebbero potuto aiutare gli inquirenti ad identificare l'auto, una vecchia Bmw chiara, sulla quale i ladri si sono allontanati dal paese della Bassa. 

«Alla Procura spetta la repressione e non la prevenzione: non ha senso installare telecamere se poi non viene fatta manutenzione», commenta il procuratore capo Tommaso Buonanno che poi assicura: «Sono umanamente vicino alla famiglia Scalvini e a loro dico: stiamo facendo di tutto per identificare gli autori del gesto». 

Poi il procuratore capo boccia la giustizia fai da te. «Non esiste. Anche sulla vicenda di Ghedi dico: sarebbe stato meglio che le vittime del furto in casa avessero chiamato le forze dell'ordine piuttosto che tentare di fermare da sole i malviventi». 

Da qui l'invito a rivolgersi a Polizia e Carabinieri: «La giustizia fai da te è sbagliata perché da una parte si rischia, come a Ghedi, di subire la violenza dei malviventi, ma dall'altra anche di reagire in modo spropositato rispetto al torto subito».

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