Il giallo dell’arco che nessuno riesce a restaurare
È la storia intricata di un manufatto di considerevole valore storico-artistico, la cui onerosa tutela spetta a un privato, con le difficoltà che ne conseguono.
La controversia. Partiamo da una constatazione: tutti si saranno accorti che le transenne non se ne vanno da vicolo Gallo, chiuso da dicembre, per preservare l’incolumità pubblica, dopo che un mezzo non identificato ha urtato l’arco che lo incornicia e che ora è in pericolo. Ebbene, quell’arco è di pregio. Risale infatti al 1200-1300 e dunque è coevo ai resti del Castello, antistanti. Per di più è già al centro di una causa giudiziaria, ancora in corso, legata - ironia della sorte - a un primo urto, risalente al marzo 2010. I distesi tempi di intervento, quantomeno per la messa in sicurezza del manufatto che permetterebbe la riapertura al transito della via (laterale), hanno un perché.
Lo stallo. Il Comune, per il momento, ha sollecitato di provvedere agli oneri due privati, cioè i proprietari degli stabili su cui lo storico arco grava e dunque, per l’ente, proprietari del manufatto stesso. Sono l’architetto Luciano Mazzotti e il proprietario dell’immobile che ospita il Bar Centrale. «Questo ha rifiutato di partecipare alle spese, quindi dovrò occuparmene io, ma sono gravose, pertanto non mi è stato possibile garantire un intervento immediato - spiega Mazzotti -. Sto cercando soluzioni. Peraltro speravo che la sentenza del giudice arrivasse presto, ma a quanto pare, dovremo attendere ancora un po’». L’assicurazione del mezzo (identificato) responsabile del primo urto, ai tempi, si era infatti appellata a un tribunale, arrecando le sue ragioni per essere sollevata dal pagamento dei danni. In attesa (lunga) di giudizio, nel 2010, era stato sempre Mazzotti, sollecitato da Comune, a provvedere alla messa in sicurezza dell’arco.
La solidarietà. Lo aiutarono un benefattore remedellese e un’azienda locale, rendendosi disponibili a pagare di tasca propria l’intervento per puntellare l’arco, così da aprire al transito la via, rapidamente. L’architetto, oggi, spera che il giudice stabilisca il dovere dell’assicurazione del mezzo di risarcirlo al 100%, così da utilizzare quel denaro per rimediare personalmente al nuovo danneggiamento. Nel contesto della controversia, Mazzotti ha condotto alcune ricerche, «le quali hanno evidenziato l’assenza di una documentazione che registri formalmente la proprietà del manufatto», dice. Insomma, il paradosso: c’è un «arco di nessuno», che però è patrimonio culturale di tutti. Un patrimonio ora in pericolo. Che si fa?
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