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Green Hill: cuccioli «uccisi senza necessità»

L'accusa era stata ipotizzata al rinvenimento di decine di beagle morti nei congelatori, soppressi perché malati.
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Da mera ipotesi di reato a contestazione effettiva. È quella che ha preso forma nei confronti di amministratore, direttore e veterinario di Green Hill, fino a pochi giorni fa accusati di maltrattamento d'animali e ora anche di uccisione di animali senza necessità, reato previsto dall'articolo 544 bis del codice penale.

Un provvedimento che era già nell'aria dal momento in cui all'interno dell'allevamento di Montichiari erano state trovate - in alcuni congelatori - le carcasse di almeno cento cuccioli, buona parte dei quali risultavano essere stati soppressi perchè malati. Perchè colpiti da una dermatite che li aveva resi inidonei alla vendita nei centri di sperimentazione, in cui vengono richiesti animali non solo sterili, ma soprattutto sani e senza nemmeno un difetto fisico. Quella malattia alla pelle invece aveva reso di fatto inutilizzabili i beagle, anche perchè indeboliti. Da qui la loro morte e il successivo congelamento nei freezer, così come previsto dalle normative vigenti.

Durante l'ispezione nell'allevamento di Montichiari gli inquirenti non avrebbero trovato alcun medicinale per la cura di quella malattia che aveva colpito i cuccioli. Una precisa scelta aziendale, secondo l'accusa, che non avrebbe quindi mosso un dito per curare le bestiole affette dal problema di salute. Quindi un comportamento che non rientra nel solo «maltrattamento di animali», ma che va a configurare anche il reato previsto dall'articolo 544 bis c.p., ovvero l'uccisione di animali in modo crudele o senza alcuna necessità. Che necessità c'era di sopprimere quei cuccioli? Solo perchè ammalati? Perchè non curarli e venderli non più come cavie, ma come animali da compagnia?

Oggi degli oltre duemila beagle allevati nell'azienda monteclarense, dopo il provvedimento di sequestro dei cani, disposto dal sostituto procuratore Ambrogio Cassiani, ne sono rimasti solo 59. Sono fattrici che attendono di dare alla luce diverse cucciolate. Tutti gli altri sono stati affidati a famiglie, enti o associazioni individuate da Lav e Legambiente, quali custodi giudiziari delle bestiole. Lo scorso 18 luglio infatti uomini del Nirda della Forestale e della Digos lavorarono ore e ore all'interno dei cinque capannoni dell'allevamento per conteggiare le bestiole e verificare se tutte fossero state microchippate o tatuate, riscontrando però diverse inadempienze. Nel corso delle settimane quei cinque capannoni sono stati via via svuotati. Guaiti e latrati sono stati sostituiti da un silenzio quasi irreale.
 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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