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Giuseppina Ferrari, addio a una signora schiva dal cuore gentile

Si è spenta ieri, a 90 anni, la vedova di Mino Martinazzoli: da tempo era ricoverata all’Arici Sega di San Polo
La signora Giuseppina Ferrari, vedova di Mino Martinazzoli - © www.giornaledibrescia.it
La signora Giuseppina Ferrari, vedova di Mino Martinazzoli - © www.giornaledibrescia.it
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Giuseppina Ferrari vedova Martinazzoli è spirata ieri, verso le tre del pomeriggio. Parlavamo di lei con Giambattista Groli, già sindaco di Castenedolo, più di un segretario di Mino Martinazzoli, legato da sentimenti di grande affetto alla signora Giuseppina e ci diceva che lei stava male, là, alla Rsa Arici Sega di San Polo dove era ricoverata da quattro anni per via degli acciacchi pesanti dell’età. Cercavamo di raccoglierne la parabola esistenziale e si è spenta in quei minuti.

Era nata nel marzo del 1930, con Mino si erano sposati nel 1960, a Brescia. Lei lo aveva conosciuto a Orzinuovi, nella farmacia gestita dalla sorella Laura. Si erano voluti bene nel paese di Martinazzoli e Laura, la sorella si era legata sentimentalmente a Domenico Bianchi di Orzivecchi, personaggio dalla forte personalità, di carattere autorevole e buono, rappresentava, con spirito carismatico, il galantomismo di un’agricoltura bresciana legati a ideali liberali.

Originariamente, i fratelli Ferrari, Giuseppina, Laura e Gino noto veterinario, erano cresciuti alla cascina Cassetta di Lonato, pur essendo nati nelle belle terre di Sant’Eufemia. Giuseppina e Mino non avevano avuto figli, era una coppia riservata, per carattere di entrambi, lei ancora più schiva di lui, molto rispettata. Si distingueva per un temperamento forte, una signora sincera, generosa nel donare a chi arrivava alla sua porta.

La loro è stata una vita di rispetto reciproco, condivisa nella scelta dell’abitazione, prima in una casa in cooperativa a Mompiano, dietro allo stadio, con i vicini amici della stessa corrente politica. Parliamo della sinistra di base, i basisti: vi abitavano Piero Padula, Ciso Gitti, Innocenzo Gorlani, Vittorio Sora, professione, corrente di partito, amicizia condivise in cooperativa. Più tardi Giuseppina e Mino scelsero una bella casa a Caionvico, sopra, una breve montagna con qualche asprezza e un camposantino visibile dalla loro cucina.

Avevano deciso di vivere e morire lì, e si erano procurati il posto al cimitero: Mino loculo sopra, lei sotto. Un tempo si faceva così e forse anche adesso. È stata, la loro, una vita per molti giorni distanti, lui a Roma e lei a Brescia, entrambi di una introvabile ritrosia. Una volta tornati e riuniti, si è elevata una convivenza matrimoniale dalla stanza alla sepoltura. «Non verrò con i miei cari al camposanto di Orzinuovi, Giuseppina vive qui e potrà venire a trovarmi ogni giorno, senza fastidi...». Ci diceva così Mino e adesso Giuseppina gli riabita accanto. Sono i segni di una vita quasi antica, che sta appena sopra le nostre teste, basta guardare sopra, come dalla casa al camposantino di Caionvico.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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