Fugge dalla Siria, Nael riparte da gelato e musica a Desenzano
Nael oggi fa il gelataio a Desenzano e il dj in locali e discoteche, ma per lui, siriano in Italia grazie all’asilo politico concesso, il ricordo delle bombe che hanno distrutto Homs è ancora forte.
Il 28enne ha raccontato il suo cammino di rinascita ai ragazzi dell’oratorio «Gaggia» di Verolanuova, in una delle serate promosse del curato don Michele Bodei, che puntano a far capire ai ragazzi il valore della santità nel quotidiano e nella contemporaneità. Nael è nato e cresciuto in Siria, la mamma è avvocato, il padre ingegnere e lui studiava informatica all’università, poi la guerra, la distruzione, il pericolo incombente hanno messo in crisi un intero Paese.
Il giovane è fuggito un anno e mezzo fa dalla Siria, passando per la Turchia, per la Grecia, in Austria e, infine, in Italia, a Montichiari. In cinque mesi Nael ha imparato l’italiano e ha cominciato a lavorare in gelateria, prima a Montichiari e ora a Desenzano. «Vero - dice Nael - ho qualche parente e amico, ma vivo da solo, lontano dalla mia famiglia e ho cercato di ricostruirmi una vita. Ci sono stati tanti lavori brevi, qualche ostacolo, ma la professione del gelataio è arrivata come un dono e ora sto cercando di migliorare facendo dei corsi con professionisti. È un lavoro bello, creativo e di contatto con le persone».
Non solo, perché da qualche mese Nael ha cominciato a fare il dj nei locali e alle feste. Don Michele ha conosciuto Nael in oratorio a Montichiari, se lo ricorda intento a studiare italiano e a chiedere come si traducessero certe parole nelle nuova lingua. I due sono diventati amici e così don Bodei ha invitato il ragazzo a Verolanuova per raccontare la sua storia. Tanti adolescenti verolesi hanno ascoltato con attenzione la storia del siriano, che ha ammesso che non è stato facile ricominciare, perché avrebbe potuto fare sbagli e errori irreparabili, ma grazie all’aiuto di amici veri, persone oneste, della sua volontà, della fede in Dio e dei valori che gli ha trasmesso la sua famiglia, Nael è riuscito a crearsi una nuova stabilità esistenziale.
«Adesso sto bene, ma parlare della guerra - dice - è sempre doloroso. Mi sono reso conto del pericolo che ci riguardava il 18 aprile 2013, quando ero con degli amici in centro ad Homs. In lontananza sentivamo i rumori delle bombe, ma mai avremmo pensato che di là a pochi attimi sarebbero arrivate da noi. Esplosioni, vetri in frantumi, corpi morti e dilaniati sulle strade. In quei momenti non pensi a nulla, se non a salvarti e alle persone che ami. Prima di partire ho fatto un periodo di volontariato come soccorritore ed era tremendo, terribile, quando ti trovavi davanti corpi squarciati e bambini senza vita e non trovi un senso all’accaduto».
A fine serata Nael ha consigliato ai ragazzi di apprezzare e valorizzare le piccole cose del quotidiano.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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