«Fece rapire Desirée». In aula per diffamazione
A processo due uomini di Leno. Accusarono un altro residente con cartelli in strada
Desirée Piovanelli, uccisa a Leno, aveva 14 anni - © www.giornaledibrescia.it
AA
Che a Leno l’orrendo omicidio di Desirée Piovanelli sia ancora una ferita aperta, nonostante siano passati 20 anni e nonostante quattro condanne definitive, lo si capisce anche da questa vicenda. È la storia di accuse messe nero su bianco sulla bacheca del Comune del paese della Bassa il 21 giugno 2019. Su tre fogli A4 compariva la scritta: «È stato arrestato il mandante del rapimento di Desirée Piovanelli» con indicato il nome di un residente della zona.
«Così attribuendo a questa persona un fatto che ne ha offeso la sua reputazione» scrive il pubblico ministero che ha chiesto e ottenuto il processo per i due presunti responsabili del gesto. Si tratta di un 74enne e di un 53enne, entrambi di Leno, accusati di diffamazione e che compariranno in aula il prossimo 29 giugno. Parte offesa è il 73enne citato sui cartelli comparsi quattro estati fa. Era il periodo in cui Maurizio Piovanelli, il padre di Desirée, stava affrontando la sua battaglia giudiziaria per chiedere la riapertura dell’inchiesta sull’omicidio della figlia 14enne, sostenendo che ci fosse ancora in libertà il presunto mandante del rapimento. «Un uomo legato a festini a luci rosse a base di droga con minorenni» ripeteva, e ripete ancora oggi, Piovanelli. Una convinzione - anche sulla base di un profilo genetico isolato sul giubbino della figlia e mai associato ad una persona - che si è però fin qui scontrata con la decisione della Procura che, dopo aver ascoltato tutti i condannati in via definitiva - tre minori che hanno scontato la pena e il maggiorenne Giovanni Erra, ancora in carcere - aveva archiviato l’indagine bis.Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Condividi l'articolo
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato