Due fratelli uniti dal tragico destino
A ricordare i fratelli Gino e Luigi Micheli c’è solo una lapide nel cimitero del paese, di loro si era persa ogni memoria. Ora, grazie alle appassionate ricerche di Giorgio Venturini, vice presidente della sezione locale dei Combattenti, mutilati e reduci di guerra, dagli archivi della storia sono riemerse due vicende diverse, ma accomunate dallo stesso tragico destino, due facce della stessa medaglia, figlie quella zona grigia rappresentata dal periodo che va dall’armistizio dell’8 settembre 1943 alla fine del secondo conflitto mondiale.
Gino Micheli, classe 1920, si arruola nella Regia Marina a Venezia. Dopo l’armistizio si trova in Grecia, sull’isola di Lero. Come molti soldati italiani decide di resistere eroicamente contro i tedeschi, che per cinquanta interminabili giorni bombardano l’isola del Dodecaneso. I primi soldati della Wehrmacht sbarcano il 12 novembre e il 16 sbaragliano la resistenza italo-inglese. Molti italiani morirono durante i combattimenti, tra questi Gino, deceduto il 14 novembre nella Batteria contraerea 262, colpito da una bomba della Luftwaffe. Dato per disperso, di lui non si sa più nulla sino all’1 dicembre 1949, quando viene dichiarato ufficialmente morto. Trasferitosi in Piemonte - a Cavaglià - per lavoro con la famiglia, Luigi Micheli, classe 1924, viene chiamato alle armi il 23 agosto 1943, nel 53° Reggimento Fanteria. Dopo l’armistizio si rifiuta di aderire alla Repubblica sociale italiana e diventa uno sbandato. Denunciato dalle autorità militari, e probabilmente in seguito a minacce nei confronti dei suoi familiari, il 19 febbraio Luigi si ripresenta in caserma e viene arruolato nella Gnr, 28° Legione Milizia Legionaria di Vercelli, per poi passare al 6° battaglione d’assalto della Gnr di Aosta. Il 22 giugno 1944 decide di disertare nuovamente e fugge. Il tragico epilogo della sua vicenda avviene il 26 aprile 1945: un testimone oculare, allora ragazzino, racconta di aver visto per l’ultima volta Luigi (insieme ad altri due ragazzi di Cavaglià) in località Fornace (a Salussola, Biella).
I giovani erano scortati da due partigiani della 182° Brigata Garibaldi. Ignari di ciò che stava per accadere, i tre apparivano sereni e sorridenti. Pochi minuti dopo verranno giustiziati e seppelliti in fretta e furia in un bosco poco distante. Il fatto è confermato anche dall’atto di morte conservato nei registri parrocchiali e da una relazione sull’accaduto trovata nell’archivio comunale di Salussola. Come accertato dalle indagini dei Reali Carabinieri di Cavagnà il 25 novembre 1945: «È deceduto il 25 aprile 1945 (data errata). Non risulta abbia fatto parte delle formazioni armate della Repubblica né tanto meno abbia collaborato». Ciò rende ancora più inspiegabile la sua esecuzione. Una morte tuttora avvolta nel mistero.
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